Elettronica_Oggi_440 - page 64

EDA/SW/T&M
MODULAR INSTRUMENTS
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- ELETTRONICA OGGI 440 - OTTOBRE 2014
potrà essere superato, in termini di velocità, da quello mo-
dulare grazie ai successivi aggiornamenti (Fig. 5).
Terzo mito – La velocità degli strumenti modulari è mag-
giore perché utilizzano driver binari (come IVI) invece
che driver testuali (come SCPI
)
Non vi è nulla di intrinseco nell’architettura modulare
che richieda interfacce binarie, come nulla impone agli
strumenti da banco di impiegare lo standard SCPI. Alcu-
ni strumenti da banco supportano sia SCPI sia IVI. Anche
alcuni strumenti modulari li supportano entrambi. Spesso
la scelta dipende dall’applicazione in cui sarà impiegato
lo strumento.
Nella maggior parte delle applicazioni, il tempo speso
nell’inviare e ricevere i comandi rappresenta una picco-
la frazione del tempo di misura. Ciò sta diventando sem-
pre più vero da quando i produttori stanno lavorando
per portare le misure a un livello di astrazione maggiore,
a beneficio degli utenti. Agilent, ad esempio, offre delle
applicazioni del tipo “one-button-test”, che permettono di
validare un intero standard di comunicazione (come ad
esempio GSM, LTE e così via) pre-
mendo solo pochi pulsanti. Queste
applicazioni impiegano lo standard
SCPI per consentire all’utente di
avviare il test e ricevere i risultati
alla fine del test. Tuttavia, per con-
trollare l’hardware durante le pro-
ve, si utilizzano anche protocolli di
comunicazione binari molto veloci
all’interno dello strumento. In que-
sti casi la differenza di velocità tra
l’uso di un protocollo SCPI o IVI per
avviare il test è trascurabile.
Quale parte di questo mito è vera?
Certamente è vero che l’invio
dei comandi attraverso interfac-
ce binarie, come IVI, è più veloce
rispetto all’uso di interfacce a co-
mandi interpretati come SCPI. Per
le applicazioni in cui vi è un’intensa
comunicazione tra lo strumento e il
PC, è più probabile che l’interfaccia
di comunicazione costituisca il collo
di bottiglia. Ciò è vero indipendente-
mente dalla modularità del sistema.
Quarto mito – I sistemi modulari of-
frono una qualità del segnale peg-
giore rispetto a quelli monolitici
Nella maggior parte dei casi adattare uno strumento a
un’architettura modulare non significa ridurre l’integrità
del segnale. In realtà, in molte applicazioni le specifiche a
livello di sistema sono dettate dall’interdipendenza di mol-
teplici strumenti che lavorano insieme. Gli strumenti mo-
dulari spesso offrono specifiche migliori in queste appli-
cazioni. Alcune, ad esempio, richiedono uno strettissimo
ritardo tra strumento e strumento (come nelle applicazioni
MIMO) che può essere raggiunto più facilmente tramite un
bus comune.
Dove si trova la verità in questo mito?
Molte applicazioni in cui vengono preferite le soluzioni
modulari devono fare i conti con vincoli di ingombro. Gli
strumenti modulari sono diffusi, ad esempio, in alcune ap-
plicazioni di produzione in cui il costo per metro quadro
occupato rappresenta un fattore importante. La frazione
di verità di questo mito si trova nelle scelte di progetto
che alcuni produttori fanno. Nelle applicazioni limitate dal
volume di spazio disponibile, i produttori di strumenti mo-
dulari sceglieranno di sacrificare alcune prestazioni per
Fig. 4 – Nel caso di uno chassis modulare, completo di digitalizzatore, bisogna prevedere l’aggiunta
di commutatori, connettori ad alta velocità e così via
Fig. 5 – Comunicazione tra CPU e strumento in un sistema modulare e da banco
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