Aumentare la produzione di cibo richiede creatività (2a Parte)

Sommario corto: Particolarmente motivati e attivi, i team impegnati nell'"Agritch Challenge" proposto dal CLICK Lab progrediscono nel lavoro di sviluppo superando ostacoli decisamente impegnativi

Pubblicato il 23 luglio 2019

A distanza di un mese dal momento in cui sono stati resi noti i dettagli del “Agritech Challenge” proposto dal laboratorio CLICK del Politecnico di Torino, tutti e tre i team in gara  sono ora duramente impegnati nello sviluppo dei rispettivi progetti. Il team SNAP si è posto l’obiettivo di utilizzare i droni per consentire agli agricoltori di accedere a dati meteorologici locali in tempo reale, in modo da consentire una protezione più efficace dei loro raccolti. Il team VERDE si è invece proposto di fornire immagini dettagliate dei vigneti, utilizzando telecamere montate su droni, al fine di aumentare il loro rendimento mentre il terzo team, IS4H20, ha deciso di adottare la riflettometria GNSS per determinare a distanza il contenuto di acqua nel suolo.

L’implementazione è stato il primo ostacolo da superare per i membri del team SNAP. Essi dovevano scegliere se optare lo sviluppo di un payload (ovvero di un carico utile) trasportabile su un drone oppure ricorrere a stazioni statiche. Il gelo, essenzialmente, è imputabile a due differenti fattori. Esso può essere provocato da un vento freddo oppure causato da un’inversione termica, fenomeno conosciuto comunemente come “black frost” (gelate nere). Poichè nel primo caso (gelo provocato da vento freddo) è difficile mettere  a punto azioni preventive, il team ha deciso di concentrare la propria attenzione sul secondo scenario, ovvero l’inversione termica. Per prevedere la formazione del gelo imputabile a questo fenomeno è necessario acquisire misure di temperatura da (almeno) due altezze differenti: una relativa all’altezza massima raggiunta dalle piante e l’altra a circa 5 metri dal suolo.

La strategia iniziale prevedeva il ricorso a una coppia di sensori termici posizionati alle altezze previste e montati su un certo numero di pali orientati verticalmente. Un approccio di questo tipo aveva il difetto di essere poco versatile. Per questo motivo i membri del team hanno deciso di ricorrere a un sistema che prevedeva un carico utile, ovvero un drone che può essere posizionato dovunque e a qualsiasi altezza in base alle esigenze. A questo punto è stato giustamente osservato che in alcuni casi il costo di un drone poteva risultare difficile da giustificare, per cui la soluzione di tipo statico doveva essere in ogni caso proposta come alternativa ai potenziali utilizzatori. Per questo motivo si è deciso di procedere allo sviluppo del progetto utilizzando un drone, pur garantendo la possibilità di implementazione del progetto stesso (in una forma semplificata) anche mediante stazioni statiche.

Gli elementi principali del progetto sono la scheda UDOO Neo e un SBC (computer su scheda singola) Raspberry Pi 3 B+, oltre a una vasta gamma di differenti sensori (per la misura di temperatura, umidità e della pressione atmosferica). Utilizzando il sistema operativo Linux, il team ha realizzato gli script (in pratica i programmi) per la simulazione di questi sensori. La configurazione pianificata prevedeva l’utilizzo di diversi droni impegnati nella raccolta dei dati dai campi che venivano quindi memorizzati nei loro sistemi di archiviazione. A intervalli di tempo predeterminati, i droni si sarebbero trovati in prossimità con le stazioni di terra. In questo modo, essi avrebbero potuto trasmettere i dati memorizzati a queste stazioni che a loro volta li avrebbero trasferiti a un server remoto. Gli script generati (proposti sotto forma di pseudo codice, ovvero una via di mezzo tra il linguaggio naturale e un linguaggio di programmazione ad alto livello) sono conformi a questo processo base.

# AVVIARE  task

#          Verificare che i dati possono essere acquisiti/memorizzati (In funzione delle coordinate geografiche)

#                      se si

#                                  acquisire i dati

#                                             aggiungere al file JSON

#          Verificare JSON per vedere se esistono dati memorizzati

#                      se si

#                                  verificare il collegamento alla stazione di terra

#                                             se si

#                                                         trasmettere

# RIPETERE task

 

Il server leggerà i dati provenienti dalla stazione di terra a intervalli regolari, salvandoli per una successiva analisi. Per lo sviluppo del software del server è stato utilizzato Django, un framework Web gratuito basato su Python, al fine di accelerare il processo.

I riscontri positivi a questa idea ottenuti da persone attivamente impegnate nel settore agro/alimentare hanno rafforzato tra i membri del team VERDE il convincimento di procedere nella giusta direzione e di non dover quindi apportare modifiche sostanziali al loro progetto. Per questo motivo, una volta fornite le coordinate corrette del vigneto scelto per la prova, è stato possibile schierare il drone e riprendere le immagine termiche del terreno mediante una telecamera a infrarossi Pi NoIR  HYPERLINK . L’unione delle immagini riprese ha fornito una rappresentazione globale dell’area interessata sulla quale è stato possibile effettuare analisi più approfondite.

 Un’immagine composita in grado di rappresentare l’intero vigneto

 

L’obiettivo successivo era ovviamente la realizzazione di un prototipo. Per accelerare questo processo il team ha deciso di dividersi in due sotto-gruppi, uno destinato alla gestione delle operazioni e l’altro che aveva il compito di occuparsi degli aspetti più prettamente tecnici. Una volta alla settimana questi due sottogruppi si sarebbero riunti per valutare i progressi fatti e per un proficuo scambio di idee.

Poichè l’integrazione delle immagini acquisite rappresentava una parte fondamentale del progetto, sono state effettuati numerosi esperimenti per verificare l’efficienza della relativa codifica e valutare i risultati ottenuti in termini di qualità dell’immagine composita. In prima istanza sono state elaborate le immagini acquisite nei dintorni del laboratorio. Quindi si è proceduto a considerare un caso d’uso più realistico (e attinente al progetto), combinando le immagini di un vigneto ottenute da Google Earth. Dopo opportuni perfezionamenti apportati alla codifica, la procedura di combinazione dei dati di immagine finalizzata alla formazione di un’immagine composita si è trasformata in un’operazione eseguibile in un tempo inferiore al minuto.

 Una volta assemblato, il drone prototipo del team VERDE è stato in grado di ospitare tutto l’hardware richiesto, compresa la telecamera e il relativo chipset per il condizionamento e l’elaborazione dei segnali. Poichè il drone ovviamente dovrà viaggiare a una certa velocità, era necessario prendere in considerazione il carico imputabile al vento. In considerazione del fatto che questa soluzione è destinata essenzialmente al mercato SME (quindi a piccole aziende agricole tipicamente a conduzione familiare), l’obiettivo principale sarà mantenere i costi sotto controllo (sia per quanto riguarda la componente hardware sia per quanto concerne la gestione quotidiana del sistema). Mentre il sotto-gruppo impegnato nella parte tecnica si occupava di questo aspetto, il sotto-gruppo preposto alla gestione delle operazioni si è concentrato sull’ottimizzazione del modello di business.

Nello stesso lasso di tempo anche il team IS4H2O ha lavorato alacremente e ha fatto registrare significativi progressi relativamente al prototipo preliminare. I membri del team hanno focalizzato la maggior parte dei loro sforzi sulla parte meccatronica. Un problema comune a tutti i team è stato quello relativo alla gestione del tempo. Ognuno degli studenti partecipanti doveva essere in grado di bilanciare in maniera ottimale il tempo dedicato alla sviluppo del progetto di competenza e quello destinato alla frequenza dei corsi universitari. Un aiuto prezioso in tal senso è venuto da Marco Pini, che ha assunto il ruolo di consulente tecnico. Oltre a essere docente presso il Politecnico di Torino, Marco è anche Responsabile della Ricerca di LINKS Foundation ed è stato quindi in grado di fornire un apporto prezioso in termini di know how e competenze.

Dopo approfonditi studi relativi alla teoria dei segnali, è stato generato uno schema elettrico complessivo, dalla catena del segnale fino ad arrivare alle antenne. A questo punto si è proceduto al reperimento dei componenti necessari per la realizzazione del progetto. Il team ha anche potuto utilizzare un ricevitore GNSS basato su MATLAB, grazie al quale risultava possibile determinare la posizione del drone sfruttando i dati acquisiti.

Figura 3: Schema del sistema di acquisizione dati sviluppato dal team IS4H2O.

 

Attraverso la misura dei livelli di potenza dei segnali diretti e riflessi e la conoscenza dell’angolo di incidenza, è possibile estrapolare le caratteristiche del suolo (e quindi i livelli di umidità). Per quanto riguarda i segnali, è stato possibile accertare che il segnale riflesso era principalmente di natura LHPC (Left Hand Circular Polarized – polarizzazione circolare sinistra) mentre il segnale diretto proveniente dal satellite era di tipo RHCP (Right Hand Circular Polarized). Al fine di acquisire i rispettivi segnali, ovvero LHCP e RHCP, è emersa per la prima volta la necessità di ricorrere ad antenne appropriate per ciascuno di essi. In ogni caso, al fine di semplificare la logistica, è stato deciso che il ricorso a un paio di antenne RHCP e la realizzazione di uno schermo di riflessione (in modo da convertire il segnale LHCP in un segnale RHCP) si sarebbe rivelata la miglior soluzione. Per quanto riguarda l’antenna è stato scelto il mod. ANT-GPS-SH2-ccc di Linx Technologies con una frequenza centrale di 1575MHz.

Per calcolare il guadagno è stata utilizzata la formula sottoriportata, in cui k indica l’efficienza e λ la lunghezza d’onda.

Con k = 50% e λ = 0.2m, oltre al diametro della parabola pari a una singola lunghezza d’onda, il guadagno risultante è stato di circa 7 dB.

I membri del team hanno stimato che il prototipo preliminare dovesse avere un diametro pari a circa 2 volte λ, con la parabola reale formato da uno foglio di alluminio molto sottile modellato su una forma ottenuto da una stampa 3D. A questo punto il ricevitore sarebbe stato montato nella sua posizione di messa a fuoco per mezzo di una struttura, sempre ottenuta mediante una stampa 3D, posizionata in modo da non influire sulla riflessione.

Alle antenne è stato collegato il modulo di front end RF a quattro canali NUT2NT+ di Amungo Navigation (in grado di garantire velocità di streaming dei dati di 50MHz). Questo può essere usato per acquisire i dati ed effettuare le operazioni iniziali di condizionamento dei segnali, dapprima amplificando i dati ricevuti e successivamente filtrando il rumore di fondo.

L’unità di elaborazione principale e le risorse di memorizzazione sono state allocate sulla scheda Raspberry Pi 3 B+. Il fattore di forma compatto e la struttura leggera, abbinate alla facile reperibilità e all’ampio supporto disponibile sono state le ragioni principali alla base della scelta di questa piattaforma. Poichè è stato stimato che 1 minuto di acquisizione dati da parte del ricevitore GNSS-R comporta la generazione di 1 Gb di dati, è stato deciso di utilizzare una chiavetta di memoria flash da 1 TB per la memorizzazione. Per tutti i team coinvolti nel concorso CLICK il lavoro da svolgere è migliorare ulteriormente i prototipi in modo che siano pronti per la presentazione che avrà luogo tra poche settimane.

 

foto di apertura: Immagini dei vigneti riprese da Google Earth.

Mark Patrick, Mouser Electronics



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