Strumentazione sempre più connessa
Dalla rivista:
Elettronica Oggi
Niente di nuovo, per altro: già negli anni ’60 quando venne inventato il bus HP-IB poi codificato nello standard Ieee488 e rinominato GPIB lo scopo era quello di far dialogare gli strumenti usando bus dedicati oppure le classiche porte seriali, dalla RS-232 alla recente USB.
Stante alcune limitazioni delle prime soluzioni, ad esempio l’elevato costo e le modeste velocità di trasmissione dei cavi GPIB oppure la mancanza di alcune funzionalità specifiche per la strumentazione delle interfacce seriali, i costruttori di strumenti hanno sviluppato standard più moderni, come LXI e PXI ognuno con caratteristiche peculiari che ne esaltano le prestazioni in varie applicazioni, ma anche con sufficiente flessibilità da permettere di realizzare sistemi ibridi cioè con più connessioni di tipo diverso. Pochi mesi fa, un ulteriore standard, denominato AXIe (AdvancedTCA Extensions for Instrumentation and Test), è stato proposto da Aeroflex, Agilent Technologies, e Test Evolution come alternativa per far lavorare insieme strumenti IVI, LXI e PCI Express.
AXIe è un’evoluzione dell’architettura AdvancedTCA (Advanced Telecom Computing Architecture) pensata per strumentazione general purpose ma soprattutto per i sistemi di test; la figura 1 illustra le possibili connessioni dell’architettura AXIe a partire da uno chassis che può ospitare da 1 a 14 schede su backplane Ethernet o PCIe con cablate porte LAN o ancora PCIe per collegarlo a chassis esterni o ad un pc che a sua volta supporta altri strumenti, anche GPIB. L’idea alla base della creazione del nuovo standard è che le schede a standard ATCA (usate di solito nelle telecomunicazioni) possono avere dimensioni maggiori delle schede PCIe o PXI 2U e quindi sono più adatte ad ospitare l’elettronica di strumentazione ad alte prestazioni , praticamente come la motherboard di un normale strumento benchtop; inoltre usando schede grandi ma di ridotto spessore si può utilizzare il tipico montaggio rack, che è orizzontale, l’esatto opposto degli altri sistemi in cui le schede sono disposte verticalmente e l’altezza dell’apparato che andrà poi nel rack è fissa: ovviamente quest’ultima novità è molto comoda per realizzare ATE che richiedono numerose schede in un unico cabinet, mentre per la strumentazione più tradizionale sono disponibili adattatori che permettono di utilizzare anche la classica strumentazione modulare PXI negli chassis AXIe.
Per l’utente, l’introduzione del nuovo standard in realtà non è un grande cambiamento; essendo gli strumenti trasparenti al software applicativo e permettendo di utilizzare gli stessi driver usati per gli strumenti PXI o LXI o IVI, non richiederanno nessuna particolare attenzione.
In attesa di vedere comparire i primi strumenti AXIe, fra qualche mese, l’annuncio del nuovo standard conferma comunque una tendenza: probabilmente non esiste una singola architettura per la strumentazione che sia in grado di soddisfare tutte le applicazioni e quindi tutti i principali costruttori si sforzano si proporre e supportare varie opzioni differenti con particolare attenzione a PXI e LXI, due soluzioni alternative ma non in competizione, perché possono coesistere; ad esempio, nel caso delle misure nel campo delle microonde, esistono moduli PXI che possono coprire una banda piuttosto elevata, come i downconverter di Phase Matrix o gli switch di Pickering ma la maggior parte degli strumenti modulari, destinati al segmento RF si ferma a valori di banda più bassi, fino a 6 GHz e poco oltre. Allora diventa necessario rivolgersi ai classici strumenti da banco, ormai praticamente tutti dotati di porta LXI , che hanno bande molto più vaste (uno per tutti, il nuovo analizzatore vettoriale ZVA67 Rhode&Schwarz, che va da 10 MHz a 67 GHz).
Con una soluzione Lxi si può anche ovviare al problema della misura da remoto, utilizzando una normale Lan quando sorgenti di segnale, apparato da collaudare e sistema di analisi sono separate da distanze notevoli; lo svantaggio è però che è necessario gestire la LAN e i relativi problemi di trasmissione e di sincronizzazione, cosa che un sistema PXI permetterebbe di evitare. In particolare i moduli PXI dispongono sempre della sincronizzazione di tutti gli strumenti collegati ad un backplane mentre gli strumenti LXI hanno la stessa caratteristica solo per sistemi di Classe A e Classe B mentre gli strumenti di Classe C (i più diffusi) ne sono sprovvisti.
Lo standard LXI è tuttavia in costante sviluppo: pochi mesi fa, il presidente del LXI Consortium (organizzazione che riunisce i costruttori che aderiscono alla standard e che ne cura gli aspetti di definizione delle caratteristiche) ha detto che i prodotti certificati LXI avevano superato i 1200 (più del doppio rispetto a 12 mesi prima) e il numero di costruttori presenti sul mercato con prodotti LXI i aveva raggiunto le 24 unità. La cosa più importante è che gli strumenti LXI sono ormai disponibili in tutte le più importanti categorie di prodotto, senza eccezioni, e che è quindi possibile realizzare interi sistemi di misura e di collaudo ad alte prestazioni con apparati LXI.
I punto di forza dell’architettura LXI è lo sfruttare reti Lan esistenti, e soprattutto il fatto di farlo in modo intelligente. Le reti Lan Ethernet usano infatti tecnologia ampiamente collaudata e consolidata da oltre 30 anni garantendo compatibilità e evoluzione delle prestazioni senza particolari problemi e in effetti molti strumenti sono comunemente dotati di una porta Ethernet e non richiedono generalmente alcun hardware di interfacciamento aggiuntivo… tuttavia avere a disposizione solo una rete Ethernet, magari realizzata con cavi a basso costo, può essere un problema. Qualsiasi rete Lan va configurata in modo che sia in grado di riconoscere gli strumenti che vi si collegano, di fare operare in modo corretto il software su tali strumenti e di coordinare le varie attività. Lxi fornisce una configurazione della Lan predefinita che gestisce tutti i dettagli, naturalmente anche tra strumenti (e software) di produttori diversi, definendo una pagine Web standard per gli strumenti, specificando i driver e permettendo triggering e sincronizzazione esterni, se necessari: infatti gli strumenti Lxi Classe C (la classe di base dello standard) garantiscono l’interoperabilità con altri strumenti analoghi ma solo gli strumenti di Classe B prevedono una topologia con un master per la sincronizzazione che comanda gli altri strumenti, ognuno dei quali funziona con un proprio clock e solo gli strumenti di Classe A sono dotati di bus M-LVDS.
Se invece si utilizzano strumenti modulari montati su uno stesso backplane, il problema non si pone. Non c’è bisogno di sincronizzazione IEEE 1588 o di un bus hardware separato. Questo è l’approccio Pxi, che dal punto di vista della sincronizzazione e della temporizzazione offre intrinseci vantaggi. Per non rimanere indietro rispetto agli standard concorrenti, anche la PXI Systems Alliance (che riunisce costruttori di strumenti e sistemi) prepara novità: di recente è stato annunciato un nuovo PXImc (PXI MultiComputing) che prevede alcune ulteriori specifiche suddivise in due parti, hardware e software. I sistemi che rispettano queste nuove specifiche potranno essere dotati di più moduli processore e quindi di una maggiore potenza di elaborazione. In pratica anche l’architettura PXImc può essere descritta come un sistema o una rete a cui sono collegati vari moduli PXI/PXIe (PXI Express).
Il controller principale del sistema PXImc (definito Primary System Host) comunica con un processore attraverso il backplane PCI, oppure tramite un backplane PCI Express, o anche tramite una porta PCIe cablata con un NTB (bridge non trasparente) che lascia vedere al controller host solo il dispositivo PXImc e gli strumenti direttamente collegati. Qualsiasi sistema PXImc e gli strumenti a valle di esso vengono visti come un unico nodo PXI dall’host principale che può essere un pc o un controller embedded PXI/PXIe.
Nella figura sono illustrate due topologie alternative di configurazione: nella prima un pc stand alone è collegato ad uno chassis Pxi il cui controller è un controller PXImc. In questo caso il pc host non vede alcun strumento modulare mentre nell’altro caso, con il controller embedded PXImc, il pc host vede quest’ultimo e in più alcuni strumenti modulari. Naturalmente le specifiche PXImc permettono di espandere il sistema anche con chassis multipli.
Ma quando si parla di strumentazione i criteri di scelta tra i vari prodotti e le diverse configurazioni sono anche una questioni di facilità d’uso, praticità e abitudini, insomma una questione di gusti. Gli utenti abituati ad utilizzare la tradizionale strumentazione da banco, anche se devono affrontare il problema di automatizzare alcune misure e creare sistemi di collaudo potrebbero essere in difficoltà se devono fare a meno della familiari manopole e tasti per utilizzare un software che gira su personal computer e varie schede di acquisizione. Alla fine, continuerà ad esserci spazio per tutti, prodotti tradizionali o soluzioni innovative e i costruttori lo sanno benissimo: ad esempio Tektronix si è alleata con National Instruments (che degli strumenti modulari è stata ideatrice e che in questo mercato è protagonista da sempre) per realizzare un digitizer PXI da 10 Gcampioni/s, 3 GHz PXI. Una soluzione facile e comoda per offrire ai clienti la stessa tecnologia che sta dietro agli oscilloscopi ad alta velocità di campionamento che hanno reso famosa Tektronix, in un formato modulare adatto a molteplici applicazioni.
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