X
Lighting
LIGHTING 15 -
NOVEMBRE/DICEMBRE 2017
L’idea di ingegnerizzare la biolumine-
scenza l’ha avuta il dottor Bruce Bryan
mentre studiava la luminosità delle luc-
ciole e degli anemoni marini. In real-
tà, sono numerose le specie animali in
cui avviene questo fenomeno e Bryan si
mise ad analizzarle tutte fino a capirne
il meccanismo a sufficienza, per poterlo
ricreare in laboratorio sintetizzando le
sostanze occorrenti. Non appena ebbe a
disposizione un’ampia varietà di proteine
bioluminescenti, Bryan decise nel 1996
di fondare a Pinetop, in Arizona, la società
Prolume
che
oggi è composta dalle quattro divisioni
BioLume
, dedicata
all’imaging medicale,
BioToy
, specializzata nelle applica-
zioni più commerciali,
NanoLight Technology
, che si occu-
pa delle proteine con dimensioni nanometriche e, infine,
Beacon Biotechnology
che ha realizzato con questa tecno-
logia un sensore per test multipli.
Luminosità molecolare
La bioluminescenza è un’emissione di luce prodotta a
causa di una reazione chimica che avviene dentro un or-
ganismo vivente. Per produrla, occorrono due sostanze e
l’ossigeno: la sostanza che emette la luce è detta luciferina
(dal latino lucifer, portatore di luce) mentre la sostanza
che catalizza la reazione è detta luciferasi ed è in genere
un enzima ovvero una proteina enzimatica. In pratica è
quest’ultima a catturare una molecola di luciferina e una
di ossigeno per trasformarle in una mo-
lecola di ossiluciferina e una di biossido
di carbonio, entrambe inerti e innocue
per l’organismo. Durante la reazione il
98% dell’energia chimica presente viene
trasformata in energia luminosa ovvero in
un fotone, mentre circa il 2% va in calo-
re. Inoltre, la luciferasi rimane intatta e
può ripetere la reazione centinaia di volte
al secondo, finché non consuma tutta la
luciferina. Negli animali è un gene che
controlla la produzione delle due sostan-
ze e la prima luciferina identificata dal dottor Bryan è stata
la celenterazina di un invertebrato marino della famiglia
dei celenterati (meduse, anemoni), con emissione visibile
gialla. Poi ha rapidamente scoperto che è, in realtà, una
delle più potenti luciferine esistenti in natura ed è anche
presente in quasi tutti gli organismi acquatici biolumine-
scenti, mentre non è così per la luciferasi diversa in ogni
specie animale.
Bryan ha sintetizzato centinaia di luciferasi, anche se più di
tutte utilizza la Renilla e la Gaussia, che favoriscono un’e-
missione molto stabile nel blu e nel blu-verde e perciò le
ha prescelte come luminescenza di base. Da qui poi ha
aggiunto alla reazione fondamentale una proteina fluore-
scente, ottenendo così le emissioni in tutto lo spettro visi-
bile dal blu al rosso. A tal scopo, ha brevettato numerose
proteine di questo tipo, anch’esse sintetizzate tutte perso-
nalmente insieme all’equipe con cui ha poi composto il
Imaging molecolare
La bioluminescenza consente di rendere luminose le molecole all’interno di un tessuto
organico per individuarle a occhio nudo dall’esterno in un’infinità di applicazioni che vanno
ben oltre al medicale
Lucio Pellizzari
Fig. 2
– – Schema della reazione che permette alla luciferasi di trasformare la luciferina e l’ossigeno in fotoni, ossiluciferina e biossido di carbonio
Fig. 1
– La bioluminescenza consente a molti
animali prevalentemente acquatici di irradiare
fotoni e alla Prolume hanno sintetizzato le
proteine necessarie per riprodurre la stessa
reazione