Semiconduttori: Siamo arrivati alla fine della china?
Dalla rivista:
EONews
Qualche mese più tardi, nel primo Q del 2001, la maggior parte degli analisti scommetteva che di lì a poco si sarebbe arrivati a quello che definivano il “soft landing” – l’atterraggio morbido – e che, dalla primavera ormai vicina, l’industria dell’elettronica avrebbe ripreso la sua strada verso la crescita. Solo sei mesi più tardi, nelle tipiche previsioni di metà anno, si affrettarono tutti ad aggiustare il tiro, promettendo che l’ultimo trimestre del 2001 avrebbe veramente visto i primi segni di una ripresa che si sarebbe consolidata poi con l’inizio del 2002.
Crediamo che anche questa previsione sia ormai smentita dai fatti: è tipico nel mondo dei semiconduttori un ultimo trimestre un poco più brioso del solito, con segni di miglioramento nel rapporto ordinato/fatturato già dai mesi di settembre/ottobre. Il tam tam, mentre scriviamo, ci dice che questo segnale non si è verificato, se non in maniera molto soft, ma dovremo aspettare il rapporto di fine anno, che sarà pubblicato fra qualche giorno, per averne la certezza dai dati ufficiali.
Giunti ad oggi e segnati nell’agenda alcuni avvenimenti che rimarranno nella storia come punti di svolta nell’interpretazione della nostra vita quotidiana – facciamo ovviamente riferimento a quanto successo l’undici settembre a New York – fare previsioni per il 2002 diventa un’impresa non facile, in questo momento si soffre di una particolare incertezza, diffusa su tutti i fronti dell’economia mondiale. Comunque dobbiamo provare a dare uno sguardo verso il futuro e poiché la storia insegna sempre qualche cosa, vale forse la pena di cercare di capire le ragioni di questa precipitosa discesa del mercato che è iniziata nel primo trimestre del 2001 e di cui ancora non si vede la fine. Come detto, le ragioni possono essere molteplici ma si possono riassumere nei seguenti tre punti:
– l’”overcapacity”: il 1999 ed il 2000 hanno entrambi visto una crescita della domanda eccezionale e tutti i produttori di semiconduttori hanno investito massicciamente; gli investimenti portati nel ’99, e ancor più nel 2000, hanno iniziato a produrre il loro output quando invece il mercato ha iniziato a dare segni di rallentamento.
– la “supply chain” – la catena della fornitura: negli ultimi due anni si è avuto un sostanziale cambiamento nel modello di gestione della domanda e dell’offerta; un anello particolarmente significativo si è inserito nel sistema di trasmissione: il “Contract Manufacturing” che ha aggiunto un ulteriore tempo di ritardo nel flusso dell’informazione ed ha impostato, od imposto, nuovi modelli di lavoro,
– la “riduzione della domanda”: proprio mentre gli investimenti stavano portando i loro risultati sull’aumento della capacità, il mercato, contrariamente a tutte le previsioni fatte a quel momento, cambiava il suo trend verso il segno negativo.
Overcapacity
Nei primi mesi del 2000 abbiamo assistito ad una massiccia serie di annunci di nuove linee da parte di tutti i maggiori produttori di silicio: si è stimato che durante il 2000 siano entrate in attività circa 25 nuove linee di diffusione sicuramente in grado di gestire wafer da 8 pollici e tecnologia almeno a 0,25µ.
Per dare un’idea, anche se grossolana, da un wafer con questa tecnologia si ottengono circa 2500/3000 chip di un gate array da mezzo milione di gates; e mediamente tali linee sono equipaggiate per processare da dieci a ventimila wafer/mese e quindi da 25 a 60 milioni di pezzi/mese del dispositivo accennato. Un numero assolutamente non trascurabile!
Una misura della overcapacity la possiamo facilmente avere dai dati di utilizzazione delle linee di diffusione (vedi grafici): se verso la fine del 2000 l’utilizzazione delle linee era superiore al 95%, lo sfruttamento delle capacità si è ridotto al 70% circa nel secondo trimestre del 2001 ed è previsto rimanere su livelli leggermente inferiori fino all’inizio del 2002. E la situazione è sicuramente peggiore presso le pure foundry spesso utilizzate dai grossi nomi come mezzo di copertura dei picchi della loro domanda, capacità che viene poi riportata in house quando il mercato declina e le linee proprie sono più che sufficienti. Le principali foundry taiwanesi come TSMC, UMC e CSD sono oggi ben al di sotto del 40-50% come evidenziato nel grafico relativo. È da sottolineare che fare uno shut-down di una linea di diffusione al fine di ridurre la capacità per un periodo temporaneo ha diverse controindicazioni che impattano costi, qualità, rese di produzione ed è quindi una misura estrema difficilmente cavalcata.
La Supply chain
Come abbiamo accennato nello scenario dell’industria elettronica si è andata consolidando la figura del “Contract Manufacturing” (CM) che ha sollevato gli OEM dalla produzione dei sotto assiemi elettronici e che, per gli approvvigionamenti dei materiali, interfaccia direttamente i produttori di silicio. Il modello di gestione delle forniture instaurato dai CM verso i produttori di componenti è stato impostato in modo molto aggressivo, nell’ottica di soddisfare al massimo la flessibilità sui volumi di produzione da fornire agli OEM.
I due parametri più significativi di questo modello:
4 lead time
4 flessibilità
Il lead time, cioè il tempo che intercorre dall’emissione dell’ordine alla disponibilità del materiale, è stato tipicamente impostato su tempi ben al di sotto di quelli effettivi di produzione, che sono tipicamente attestati al livello fisiologico di otto settimane. Questo ha costretto i fornitori ad emettere ordini sulle fabbriche molto in anticipo rispetto agli ordini effettivi emessi dal CM, basando queste anticipazioni d’ordine sulle previsioni di consumo avanzate dal CM. Inoltre la flessibilità richiesta, soprattutto in aumento rispetto alle previsioni, forzava parimenti i fornitori a prevedere magazzini di prodotto in surplus e l’anticipazione di ordini alle fabbriche che potessero garantire l’eventuale aumento della domanda al momento dell’effettiva emissione degli ordini.
Fintanto che si è mantenuta la situazione di domanda in eccesso rispetto all’offerta, il canale ha funzionato benissimo e la pipeline era alla sua massima capacità lungo tutto il percorso: tutte le linee erano sature con il relativo WIP (Work In Progress) ed i relativi magazzini di fine linea. Sicuramente tutte le previsioni lanciate verso l’input delle linee erano mantenute al massimo livello e forse anche un poco sovrastimate per aumentare la pressione sulla produzione.
Ma ecco che improvvisamente la domanda dal mercato finale, in fondo alla catena, crolla: l’informazione riflessa nelle previsioni stenta a risalire verso la produzione, che in ogni caso è già avviata, lanciata dalle previsioni sovrastimate precedentemente emesse. Risultato finale: tutti i magazzini lungo la supply chain si sono riempiti con il materiale che stava fluendo nelle linee sulla base di previsioni troppo ottimistiche e che non avevano anticipato una flessione significativa del mercato.