La persona e l’economia digitale

Dalla rivista:
EONews

 
Pubblicato il 12 giugno 2002

Il settore delle ICT potrà continuare a crescere a ritmi sostenuti solo se le tecnologie arriveranno a permeare la vita di tutti gli individui. Ma a quali condizioni ciò si potrà verificare?

Su questo tema si sono confrontati il 10 aprile scorso presso l’auditorium Assolombarda di Milano i relatori chiamati da Fida Inform, la Federazione Nazionale delle Associazioni Professionali di Information Technology, per il convegno intitolato “La persona e l’economia digitale. L’impatto delle tecnologie sull’uomo, l’organizzazione e la vita”. Giampio Bracchi, Prorettore del Politecnico di Milano, partendo dalla centralità dei bisogni della persona, ha riletto gli errori compiuti fino ad oggi e ha indicato le strade da percorrere per rilanciare la net economy. Livio Zoffoli, Capo Dipartimento del Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie, in videoconferenza da Roma ha illustrato gli impegni del Governo per un e-government al servizio dei cittadini. Le aziende, attraverso numerosi interventi, hanno spiegato le loro strategie per una net economy sempre più vicina agli utilizzatori.
Ma le linee di riflessione più incisive sono state tracciate da Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis, che ha scosso l’uditorio col suo linguaggio chiaro, privo di tecnicismi e capace di trasmettere una profonda comprensione dell’individuo e delle dinamiche collettive. Il sociologo si è chiesto come oggi venga percepita la tecnologia e come stia modificando la nostra società. Le tecnologie, ha osservato De Rita, possono entrare nella vita dei cittadini attraverso vari canali. Un primo canale è quello della pubblica amministrazione. A partire da Bassanini e fino a oggi, col Ministro Stanca, c’è stata una grande spinta della pubblica amministrazione verso l’informatizzazione, tanti investimenti realizzati per un grande sforzo pubblico al fine di acculturare la società italiana.

È un impegno equiparabile a quello messo in campo per creare il sistema scolastico nazionale negli anni successivi all’Unità d’Italia, ed è importante quanto lo fu ad esempio la Cassa per il Mezzogiorno, ma la società italiana lo accetta? Lo vede come impegno di istruzione e di socializzazione da parte dello Stato?
Crede che la telematizzazione sia una realtà effettiva o pensa che sia una scelta fatta da pochi per molti?

Quest’ultima domanda è molto importante perché la società civile non accetta la modernizzazione imposta dall’alto e se non capisce perché e da dove arriva il processo innovativo rischia di perdere l’orientamento. Se si guardano le esperienze di informatizzazione pubblica già realizzate, si vede come i risultati migliori siano stati ottenuti a livello comunale e precisamente in quelle realtà vicine al cittadino dove la comprensione dei bisogni è maggiore. Per esempio attraverso la rete si sono eliminate le code agli sportelli e si sono gestite le liste d’attesa offrendo così un servizio molto apprezzato dagli utilizzatori. Questo ci fa capire che ancora più della cultura informatica è rilevante quella di custom, che porta a processi di customizzazione pubblica nei quali le tecnologie hanno una funzione di sostegno. Ma non si tratta solo di ottenere o meno dei risultati, De Rita ha proprio messo in guardia rispetto a un processo regressivo che ha detto essere sempre dietro l’angolo se non c’è customizzazione. Una specie di effetto boomerang che porterebbe a un rifiuto delle tecnologie da parte di molti cittadini. Una seconda possibilità di ingresso delle tecnologie nella cultura della società si potrebbe avere attraverso alcuni settori selettivi quali l’e-commerce, l’e-learning, la domotica, la comunicazione, il gioco. Ma come sappiamo per ora tutti questi canali hanno una penetrazione sociale molto limitata, soprattutto perché non riescono a interpretare le esigenze reali delle persone.
Nell’informazione, ad esempio, quello che De Rita chiama molto efficacemente ‘il corpaccione sociale’ non sceglie sofisticate tecnologie, ma preferisce la comunicazione orale col telefonino e le serie di sceneggiati proposti dalle televisioni. Attenzione quindi a pensare che la società sia una tabula rasa. Anche sull’e-learning ha posto ancora in guardia dal rischio di non considerare adeguatamente le dinamiche dei comportamenti umani. “I nostri studi ci dicono che presso i giovani l’apprendimento spot è ormai pesante e insostenibile, e che chiedono la figura che insegni e che sappia insegnare…”.

Una terza via d’ingresso, è quella del singolo individuo che accetta le ICT e sceglie quelle che gli servono, nel lavoro, nella comunicazione, nel gioco. Ma quando si arriva all’individuo, si entra nella sfera dell’identità personale dove le tecnologie sono percepite per ciò che offrono di nuovo e più funzionale alla definizione della propria e dell’altrui identità. De Rita ha quindi ricordato i tre elementi che definiscono l’identità di una persona e che plasmano l’individuo e affondano le radici nella storia dei secoli, ovvero il racconto, lo spazio, il rapporto con la novità. Il racconto è ciò che della nostra storia ci è stato raccontato, il rapporto con lo spazio ci definisce in quanto legati a un luogo e quindi a ciò che vi si svolge. Le novità formano la nostra personalità, purché ce ne siano e le si sappia cogliere. Detto questo, le tecnologie avranno nell’individuo il canale di penetrazione vincente e sapranno uscire dalla sola sfera professionale solo se saranno percepite come strumento utile per migliorare e riscoprire la propria identità.

Un esempio?

Oggi nella società italiana vi è un grande bisogno di identità collettiva, prova ne è che “il popolo dei fax e delle e-mail” ha iniziato a manifestare al Palavobis di Milano o nei tanti girotondi che si sono tenuti in varie città. La tecnologia ha quindi offerto un primo momento aggregativo al quale è seguito il momento d’aggregazione realmente identificativo. Se si pensa invece al rapporto con la novità, la tecnologia può annullarne la percezione in quanto offre troppe realtà virtuali e in questo senso impoverisce l’identità dell’individuo e/o la tecnologia può venire rifiutata proprio perché non incide sull’identità della persona e quindi alla fine esaurisce il suo interesse.

Quindi cosa attendersi per il futuro delle tecnologie?

Ecco le conclusioni di De Rita: “le innovazioni non vinceranno se resteremo presuntuosi, potenti e autoreferenti. Una soluzione da seguire è la customizzazione dei servizi, definendo quindi offerte studiate sulla base dei bisogni effettivi degli utenti. Un’altra è il canale individuale che avrà un punto forte nei giovani, che ora sono i massimi fruitori delle tecnologie e alla fine sapranno piegarle in funzione di un recupero della propria capacità di racconto, di un proprio spazio collettivo e individuale e di una propria sensibilità alla novità, capace di incidere sulla storia”.

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