ICT e sviluppo Sostenibile..

Dalla rivista:
EONews

 
Pubblicato il 13 novembre 2002

Come si è sviluppata la vostra esperienza e quali suggerimenti se ne possono ricavare per altre imprese che desiderino passare dalle buone intenzioni ai fatti?

Anzitutto direi che ci fu un forte impulso dai vertici della società che si concretizzò in un progetto di riduzione dell’impatto ambientale nel 1995. Il primo ostacolo da vincere furono le resistenze di molti dirigenti. E questo è ovvio. I manager pensavano che l’azienda aveva disperatamente bisogno di capitali perché stavamo crescendo più rapidamente del mercato per cui dovevamo investire in nuove fabbriche e che quindi non potevamo permetterci di sprecare quote di capitale per la protezione ambientale. La loro resistenza era legata all’ottenimento di risultati immediati. Ma per essere vincenti, i vertici avevano ben chiaro che dovevano ottenere la massima condivisione degli obiettivi. E questo è il suggerimento che voglio dare: attenzione a creare un clima favorevole, a coinvolgere tutti gli individui. La resistenza dei manager venne vinta, in un primo momento con la “forza”, ovvero nel nostro sistema di incentivazione retributiva vennero inseriti obiettivi ambientali. Ma quando potemmo misurare i primi risultati positivi nacquero poi una awareness e una condivisione spontanee. Non c’è niente come ottenere i primi risultati per poi permettere di ottenerne di successivi e più ambiziosi.

Quali altri passi si devono seguire per essere vincenti?

Nulla di nuovo. Abbiamo seguito quello che si impara in tutte le scuole di management: fissare obiettivi ad una precisa scadenza che siano numerici, misurabili, realizzabili e concordati fra management e collaboratori. Per noi sono stati i dieci obiettivi del primo Decalogo Ambientale del 1995 e ora quelli più ambiziosi del Decalogo del 1999.

Per fare un esempio, qual è l’obiettivo più ambizioso dell’attuale Decalogo?

Sicuramente quello di portare la società a zero CO2 emissioni equivalenti entro il 2010. Nessuno si è posto un obiettivo del genere, meno che meno a Kyoto. Adotteremo i metodi di generazione più efficienti, e quindi privilegeremo la cogenerazione e le fonti alternative e in particolare l’energia eolica. Poi per arrivare al livello di emissioni zero cercheremo di ripulire l’aria con la riforestazione. Le zone interessate potrebbero essere il Marocco, il Texas, ma abbiamo in corso studi anche su Francia e Italia.

Tornando ai risultati, il vostro bilancio ambientale documenta i risparmi ottenuti e quindi i maggiori guadagni conseguiti grazie ai vostri investimenti ambientali, come valutate invece gli aspetti etici?

Secondo la nostra visione l’impegno per l’ambiente contribuisce a creare un clima aziendale positivo nel quale il lavoratore si sente realizzato. Basti dire che a parte l’utilizzo di consulenze esterne soprattutto nella fase iniziale dei vari progetti, che so per il riciclo, per la riduzione del consumo d’acqua piuttosto che dell’utilizzo di prodotti inquinanti, molti suggerimenti sono poi venuti dall’interno, da chi volontariamente dedicava parte del suo tempo per cercare nuove soluzioni. Nella guerra per conquistarsi i migliori cervelli anche questo ci aiuta a guadagnarli e a trattenerli. Tutto ciò non è contabilizzabile come il risparmio sulla bolletta dell’acqua, ma sicuramente supera tutti i risparmi documentabili in un bilancio.

Come si traduce tutto questo in una piccola impresa? Non può essere che lì l’ambiente costi troppo?

No, tutto questo vale per ogni impresa. Cambiano le pratiche di protezione dell’ambiente a seconda delle produzioni che sono in gioco, gli interventi saranno più o meno estesi a seconda della dimensione aziendale, ma il ritorno e i risparmi sono certi per tutti.

Cosa chiedete ai governi nei Paesi dove siete presenti?

Anzitutto ci tengo a dire che noi applichiamo gli stessi obiettivi in tutti i Paesi e estendiamo a tutti i siti la norma più restrittiva indicata dalle amministrazioni pubbliche dove abbiamo una presenza. Vale a dire che se in California c’è la regola più severa relativamente all’inquinamento atmosferico, questa norma noi la applichiamo in tutto il mondo. Ai governi chiediamo di essere più decisi, più severi; sono ancora succubi del mito del costa troppo. In Italia vorremmo più attenzione ai nostri risultati. Qui abbiamo fatto cose eccezionali. Abbiamo dimostrato che l’alta tecnologia si può fare in Italia, che si può investire al Sud e che l’investimento nell’ambiente non è un’idea balzana di una società “strana”; è invece un fatto che alla fine il risultato è positivo. Secondo noi il caso ST va studiato e applicato dove è possibile, noi cerchiamo di fare proseliti.

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