I contratti di lavoro nei settori delle nuove tecnologie.
Dalla rivista:
EONews
Vediamo ora come si lavora nelle imprese IT. Le principale caratteristiche analizzate dai ricercatori riguardano una forte specializzazione professionale che è in continua crescita, spinta anche dalla dinamica delle tecnologie. I lavoratori manifestano una precisa tendenza a concepire il lavoro in modo professionale e quindi ad esempio ad organizzarsi tempi ed attività in modo autonomo. Nelle PMI ciò si traduce in una vera e propria discrezionalità operativa degli addetti mentre nelle grandi organizzazioni questi aspetti si incanalano in modelli di attività che puntano agli obiettivi e ai risultati. Questo approccio al lavoro non trova strumenti regolatori nei contratti collettivi. Si pensi ad esempio al tema dell’orario di lavoro e in particolare della distribuzione dell’orario. Si è detto che i lavoratori godono di una certa autonomia e in aggiunta molte aziende chiedono la reperibilità. Il risultato è che spesso si ha una commistione fra orario di lavoro e tempi di vita personale che è un punto debole del rapporto azienda lavoratore, dal quale possono sorgere vari problemi. Un altro aspetto caratterizzante il lavoro nei settori IT riguarda la formazione professionale. Le imprese devono investire molto, e peraltro lo fanno ancora in maniera insufficiente, sia per rimanere competitive sia per trattenere i lavoratori che, consapevoli dell’estrema necessità di aggiornamento professionale, vincolano la loro fedeltà all’impresa alla qualità e alla quantità della formazione. Per questo motivo, e anche in generale per la concorrenza sul mercato del lavoro specializzato, tutte le aziende sviluppano attività di retention, con una serie di incentivi, che presso le grandi aziende sono anche di natura economica.
Le medio piccole puntano invece sulla responsabilizzazione. Sotto il profilo contrattuale il ricorso a modelli di contrattazione collettiva è totale presso le aziende medio grandi mentre nell’insieme delle piccole la percentuale si riduce al 56,5%. Tuttavia se si considera il sottoinsieme delle imprese con più di 15 addetti si sale al 92%. Nelle piccolissime aziende l’incidenza di lavoratori atipici è tale che il ricorso a un contratto collettivo è privo di senso. Per quanto riguarda gli aspetti del rapporto di lavoro regolati dal contratto collettivo le aziende medio grandi sono generalmente insoddisfatte delle norme sui modelli di lavoro, la flessibilità, la disciplina degli orari, la gestione delle reperibilità, le trasferte, gli incentivi alla stabilità, i livelli. Sono invece più soddisfatte le piccole imprese. Chiamate quindi a commentare l’ipotesi di un contratto collettivo specifico per il settore, quasi tutte le grandi imprese e tutte le piccole si sono dette favorevoli ma, secondo la maggioranza delle grandi aziende, il contratto dovrebbe svolgere esclusivamente la funzione di cornice entro cui collocare nuove forme di contrattazione aziendale. C’è poi molta differenziazione sui temi da demandare alla contrattazione individuale. Secondo alcune grandi aziende, poi, c’è il rischio che un contratto collettivo ad hoc sottragga spazi alla contrattazione aziendale, alla quale oggi è demandata la regolazione degli aspetti più lacunosi dei contratti collettivi adottati. Il tema in definitiva è aperto e si somma alle già complesse riflessioni per una revisione del mercato e dei rapporti di lavoro. Chi fosse interessato a una lettura dello studio Federcomin Anasin “Il lavoro nelle nuove tecnologie” può facilmente reperirlo sul sito www.federcomin.it.