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L

o scorso 23 giugno il Regno

Unito ha votato a favore dell’u-

scita dalla Unione Europea, con

un voto divisivo tanto in termini

numerici (52%-48%), quanto

in termini geopolitici: Galles e

Inghilterra (Londra esclusa)

per uscire, Scozia e Irlanda del

Nord per restare. Con l’insedia-

mento del nuovo PrimoMinistro,

la Gran Bretagna potrebbe per-

tanto formalizzare la procedura

di uscita dalla UE, invocando

l’ormai famoso

Articolo 50 d

el

Trattato di Lisbona e innescan-

do così un periodo di negoziati

della durata di due anni.

L’esito del referendum sem-

brerebbe aver colto di sorpre-

sa i mercati, che hanno fatto

registrare perdite record solo

parzialmente riassorbite nei

giorni successivi all’evento. No-

nostante gli indici finanziari ab-

biano successivamente iniziato

a mostrare segni di normalizza-

zione, a meno di due settimane

dal voto la Banca di Inghilterra

ha diramato un comunicato in

cui avverte che alcuni rischi

connessi alla Brexit stanno co-

minciando a concretizzarsi con

conseguenze negative per la

stabilità finanziaria del Regno.

Il colpo maggiore sembra aver-

lo accusato la sterlina: la divisa

britannica è infatti regredita ai

livelli di oltre trent’anni fa nei

confronti del dollaro, un tonfo

ancora più estremo di quello

verificatosi durante la crisi fi-

nanziaria del 2008. I mercati

azionari sono notoriamente

avversi ai climi di incertezza e

tra chi ne ha fatto le spese nei

primi momenti di speculazione

figurano diversi titoli tecnologici

con una presenza anche solo

parziale sul territorio Europeo.

Broadcom

e

Qualcomm

, in

particolare, hanno perso oltre

il 6%, mentre

AMD

,

Micron

e

Nvidia

hanno subito perdite

per oltre il 5%. A risentire mag-

giormente degli effetti negativi

sul medio e lungo termine sa-

ranno comunque le aziende

europee.

NXP

e

ST

, in partico-

lare potrebbero vedere le pro-

prie esportazioni di prodotti per

il settore automotive danneg-

giate dalla fuoriuscita del mer-

cato automobilistico britannico

dalla UE. Nell’ambito hi-tech,

una notevole eccezione è rap-

presentata da

ARM

: l’azienda

britannica ha infatti visto salire

le proprie quotazioni anche a

ridosso del voto, in controten-

denza con il resto del settore. Il

motivo è che oltre il 95% delle

vendite di ARM sono in dol-

lari, mentre margini e spese

sono contabilizzate in sterline:

l’azienda si trova così nella in-

vidiabile posizione di poter pro-

fittare tanto dall’irrobustimento

del dollaro quanto dalla svalu-

tazione della sterlina.

Più in generale, gli analisti con-

cordano sul fatto che il clima di

incertezza generato dal voto di

giugno ha reso meno allettan-

te investire nel Regno Unito:

Gartner

, ad esempio, ha de-

gradato le previsioni di spesa

della Gran Bretagna. L’ombra

della fuoriuscita dal mercato

unico scoraggia le aziende

dall’investire oltremanica e

For-

rester

prevede che nel 2017 il

mercato tecnologico britannico

andrà incontro a una contrazio-

ne del 3-5%.

La lista delle avversità da supe-

rare in seguito all’uscita dall’U-

nione Europea non si ferma

qui: i limiti imposti al movimento

di merci, personale e dati ridur-

ranno la capacità delle aziende

del settore tecnologico di pro-

durre innovazione e sono diver-

si gli analisti che ritengono che

il numero di nuove aziende che

sceglierà Londra come propria

sede subirà un calo a favore di

altre città europee che godono

dei vantaggi del mercato unico,

fattuale e digitale. Non solo, ma

con l’esclusione dalla UE, gli

imprenditori britannici dovran-

no rinunciare anche ai fondi

europei per lo stimolo dell’inno-

vazione. Un esempio in questo

senso è il programma

Horizon

2020 che, con un budget di 77

miliardi di euro su un periodo di

sette anni, è uno dei più ambi-

ziosi incubatori di innovazione

dell’Unione Europea. Solo di

recente sono stati investiti 86

milioni di euro in 236 piccole e

medie imprese in 16 Paesi eu-

ropei; di queste, 36 sono azien-

de britanniche.

L’avversione dei settori tecnolo-

gico e finanziario britannici nei

confronti della Brexit era ben

nota: secondo un sondaggio

condotto a ridosso del referen-

dum, circa il 70% degli impren-

ditori nel settore tecnologico

voleva rimanere nella UE, con-

tro solo il 15% pro-Brexit. Nella

sola città di Londra era a favore

del Remain l’87% del lavoratori

nel settore tecnologico.

Solo il tempo potrà dire quali

saranno le reali conseguenze

della fuoriuscita del Regno Uni-

to dalla UE. Ma se il buongiorno

si vede dal mattino...

EON

EWS

n

.

599

- LUGLIO/AGOSTO 2016

3

M

ASSIMO

G

IUSSANI

T

ERZA

P

AGINA

Brexit: le prospettive per le aziende del settore tecnologi-

co non sembrano particolarmente entusiasmanti

Rotta verso

l’isola che non c’è

(più)