Alimentazione: alcuni suggerimenti (parte 11) – Appianamento delle differenze tra misure e valori calcolati delle perdite di un alimentatore
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Dalla rivista:
Elettronica Oggi
In questo articolo presentiamo un metodo semplice per conciliare le differenze tra i calcoli e le misure effettive basato sullo sviluppo in serie di Taylor, che afferma che qualsiasi funzione può essere rappresentata (in un certo intervallo) da una serie di potenze:
Poiché le perdite in un alimentatore sono calcolabili in base alla corrente di uscita quando si sostituisca quest’ultima con x, esiste una buona correlazione tra i coefficienti e le varie fonti delle perdite di potenza. Ad esempio, ao rappresenta tutte le perdite costanti, ossia indipendenti dalla corrente di uscita, come quelle legate al comando del gate, alla potenza di polarizzazione, al nucleo e alla carica e scarica del condensatore di uscita (COSS) del transistor di potenza. Le perdite corrispondenti al secondo termine, a1, sono legate direttamente alla corrente di uscita e caratterizzabili come perdite nel diodo di uscita e perdite di commutazione. Per quanto riguarda il diodo, la maggior parte delle perdite è causata dalla tensione di giunzione e quindi aumenta proporzionalmente alla corrente di uscita.
Analogamente, le perdite di commutazione possono essere calcolate in modo approssimativo come il prodotto di un termine correlato alla corrente di uscita e di una tensione costante. Il terzo termine, facilmente identificabile con le perdite di conduzione, è caratterizzato come perdite nelle resistenze del FET, nei cablaggi magnetici e nelle interconnessioni. I termini di ordine superiore potrebbero essere utili per la valutazione di perdite non lineari, come quelle nel nucleo, tuttavia si possono ottenere risultati utili considerando solo i primi tre termini.
Un metodo per calcolare i tre coefficienti consiste nel misurare le perdite in tre punti di funzionamento e risolvere il sistema di equazioni così ottenuto. La soluzione risulta ancor più semplice se una delle misure si riferisce all’alimentatore a vuoto, in cui tutte le perdite sono uguali al primo coefficiente (a0). Il problema si riduce così a due equazioni in due incognite, facilmente risolvibili. Una volta calcolati i coefficienti, si può creare una curva delle perdite simile a quella illustrata nella figura 1, che mostra i tre tipi di perdite. Questo può risultare molto utile per conciliare le discrepanze tra le misure e i calcoli e per individuare più agevolmente aree di possibili miglioramenti dell’efficienza. Ad esempio, a pieno carico le perdite nella figura 1 sono dovute principalmente alla conduzione. Per migliorare l’efficienza occorre ridurre le resistenze del FET, degli induttori e di interconnessione.
La correlazione tra le perdite effettive e uno sviluppo in serie composto da tre termini è molto buona. La figura 2 mette a confronto la curva dei dati misurati con quella di adattamento ai dati per un regolatore buck sincrono. Sappiamo che, in base alla risoluzione di un sistema di tre equazioni, le curve coincideranno in tre punti. La differenza negli altri punti è minore del 2%. Per altri tipi di alimentatori, l’approssimazione può essere meno precisa a causa di vari fattori, come differenti modalità di funzionamento (ad es. continua o discontinua), pulse skipping o funzionamento a frequenza variabile. Questo metodo non è infallibile, ma può consentire ai progettisti di alimentatori di analizzare meglio le perdite effettive nel circuito.
Nel prossimo numero della rubrica illustreremo come sia possibile utilizzare questo metodo per ottimizzare l’efficienza in corrispondenza di un particolare punto di funzionamento.
Per leggere numeri precedenti della rubrica “Suggerimenti sull’alimentazione” di Robert Kollman: www.eo-web.it/webexclusive
Per ulteriori informazioni su questa e altre soluzioni per gli alimentatori: www.ti.com/power-ca
Per contattare Robert Kollman: powertips@list.ti.com
Robert Kollman, senior applications manager, distinguished member – Technical Staff, Texas Instruments
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