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O

gni anno

IMEC

, l’istituto di

ricerca europeo che si occupa

di nanoelettronica, organizza

una serie di incontri in diverse

città del mondo per fare il pun-

to sui progressi conseguiti e

sulle future opportunità di cre-

scita del settore. Dei vari

IMEC

Technology Forum (ITF)

, il

più significativo è per ovvie

ragioni quello che si tiene a

Bruxelles, capitale dello Sta-

to di origine di IMEC stessa.

Quest’anno, l’ITF di Bruxelles

si è tenuto il 24 e 25 maggio

e ha avuto come titolo

“Daring

to take a different view – na-

notechnology in the hot seat”

,

che potremmo tradurre con “Il

coraggio di un punto di vista

differente: la nanotecnologia

in prima linea”. Il tema di fondo

di questa edizione è il nuovo

modo di intendere il progresso

nella produzione di dispositivi

elettronici: dopo cinquant’anni

di obbedienza quasi pedisse-

qua alla legge di Moore, stia-

mo entrando in una nuova era

in cui il passaggio al nodo suc-

cessivo non è così automatico

e redditizio (in termini sia di

costi sia di prestazioni) come

lo è stato in passato. I progres-

si nella miniaturizzazione ci

sono ancora, ma l’impressio-

ne è che ci si stia avvicinan-

do al punto in cui a un piccolo

incremento della densità dei

dispositivi corrisponda uno

sforzo spropositato in termini

di investimenti R&D. Già ades-

so, le metriche introdotte dai

produttori di circuiti integrati

fanno riferimento a dettagli

delle geometrie dei dispositivi

che non riflettono un’effettiva

occupazione sul

die

, al punto

da poter essere considerate

meri strumenti di marketing.

Tra le cause responsabili di

questa ‘miniaturizzazione in

miniatura’ c’è sicuramente il

ritardo nella messa a punto

della litografia nell’estremo ul-

travioletto (EUV). Nonostante

gli investimenti multimiliarda-

ri degli ultimi anni, la venuta

dell’EUV continua ad essere

rimandata di anno in anno per

il sopraggiungere di nuove

difficoltà tecnologiche. Attual-

mente si spera di veder l’EUV

fuori dai laboratori di ricerca

prima del 2020, e i più ottimi-

sti sperano arrivi in tempo per

contribuire alla produzione dei

dispositivi al nodo dei 7 nm già

nel 2018.

Ma il problema di fondo è che,

almeno con le attuali architet-

ture, ulteriori riduzioni di sca-

la dei transistor porterebbero

a un rovinoso degrado delle

prestazioni per effetto dell’in-

cremento della dispersione di

corrente e delle capacità pa-

rassite. Secondo An Steegen,

VP di Process Technology in

IMEC, il limite fisico dei tran-

sistor ‘tradizionali’ (Tri-Gate

e FinFet) si raggiungerà nei

dispositivi di 40-45 nm di al-

tezza, 14-18 nm di larghezza

e 4-5 nm di profondità, valori

compatibili con quello che vie-

ne chiamato il nodo dei 7 nm.

Gary Patton, Cto e VP di R&D

in GlobalFoundries, guarda

con fiducia ai FinFet da 7 nm

e prevede significativi incre-

menti di prestazioni associati

all’impiego di SiGe per i di-

spositivi a canale p, di altri

droganti e nuove tecniche di

annealing

per ottimizzare le

giunzioni e di nuove geome-

trie per i contatti. Un’ulteriore

evoluzione potrebbe venire

dai FET verticali. Guardando

più in là nel futuro, An Stee-

gen ipotizza che per i nodi a 5

nm e 3 nm le architetture Fin-

Fet verranno rimpiazzate da

quelle GAA (Gate All Around)

e successivamente da nanofili

di materiali ad elevata mobilità

come Ge e InGaAs.

Nonostante gli ostacoli pre-

senti sulla strada di ulteriori

miniaturizzazioni, gli interventi

all’ITF di Bruxelles evidenzia-

no come il progresso della

tecnologia elettronica non dia

segni di rallentamento, ma

proceda invece lungo percorsi

alternativi, più consoni all’at-

tuale orientamento del merca-

to imposto dall’Internet delle

Cose. Nei piccoli ed economici

dispositivi che caratterizzano

l’IoT, infatti, il progresso non

si misura in nanometri, ma in

microwatt, gigahertz, Mbps e

numero di funzioni integrate.

Nell’era post-PC l’attenzione

è tutta sulla riduzione dei con-

sumi, sulla banda più larga,

sull’interconnettività e sulla

sicurezza delle transazioni. E

siccome ogni singolo ambito

applicativo richiede compro-

messi differenti tra queste di-

verse caratteristiche, la parola

d’ordine in un futuro fatto di

integrazione eterogenea sarà

“differenziazione”.

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ews

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.

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-

giugno

2016

3

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Il rallentamento nella miniaturizzazione dei

dispositivi porta a valorizzare la diversificazione

e l’integrazione a misura di applicazione

IMEC

: piccolo

non è sempre bello