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n
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-
maggio
2016
4
U
n esempio di impatto positi-
vo per quanto riguarda l’ondata
recente di fusioni e acquisizioni
che ha un po’ stravolto il pano-
rama dell’industria dei semicon-
duttori è quello del settore delle
memorie, che dopo l’ondata di
M&A (merger & acquisition) ha
mostrato nel suo complesso una
buona stabilità, sia dal punto di
vista della produzione sia dei
prezzi di vendita. Questo per
quanto riguarda il 2015. Storica-
mente, il settore delle memorie
ha mostrato debolezza proprio a
causa del problema dei prezzi e
dell’andamento altalenante della
domanda. E anche nel recente
passato le cose non sono an-
date diversamente. Pensiamo a
Micron
che ha reso noti i risultati
finanziari del secondo trimestre
2016, sottolineando una perdita
nei ricavi dovuta alla pressione
prezzi, in particolare le memo-
rie DRUM ma anche NAND. Nel
suo complesso, dunque, il setto-
re dei semiconduttori ha vissuto
un periodo deludente nel 2015,
dopo lo slancio positivo del 2014.
E anche questo inizio di 2016 è
stato movimentato. Recente-
mente, il Ceo e il presidente di
Marvell Technology
Group
hanno rassegnato le dimissioni,
e secondo il parere di alcuni pre-
stigiosi analisti, questo potrebbe
essere un indizio di una probabi-
le prossima vendita della società
(come riportato da
Reuters
).
Il lato positivo
C’è qualche buona notizia in que-
sta storia di fusioni? E dopo la
fase di consolidamento e quale
sarà il futuro?Vi sono, ovviamen-
te, alcuni lati positivi nelle opera-
zioni di fusione. È chiaro che la
fisionomia del settore in termini
di domanda, volumi e prezzi
continuerà a essere in uno stato
di transizione, mentre il settore
si muove verso tecnologie più
innovative e si attende la pros-
sima ondata di prodotti e servizi,
anche se più lentamente del pre-
visto. Industria 4.0 si sta facendo
strada, come ha sottolineato da
IHS
, ma deve ancora affrontare e
superare sfide importanti, in par-
ticolare riguardanti le norme e la
sicurezza. D’altra parte, i driver di
crescita per aumenti di entrate e
volumi sono all’orizzonte, secon-
do molti dei principali produttori
di chip in tutti i settori, che vedo-
no migliorate le proprie posizioni
sul mercato, grazie alle ricadute
sul settore delle acquisizioni e fu-
sioni, ma anche per una maggio-
re domanda di chip di processo
di fascia alta e in particolare dalla
tecnologia 16nm in produzione.
Tornando alla domanda sul futu-
ro, ci si chiede se si sia trattato di
‘un attimo fuggente’ oppure se la
riduzione di concorrenti sia stata
benefica per la salute del merca-
to e se il numero crescente di M
& A andrà ad abbattere le azien-
de più deboli e creare maggiori
opportunità per le aziende. Gli
analisti non riescono ovviamen-
te a dare una risposta, ma vale
la pena considerare che le pro-
spettive economiche mondiali
sono ancora piuttosto incerte
e addirittura secondo alcuni un
po’ indebolite. Tuttavia, si preve-
de una certa stabilizzazione dei
mercati a dei tassi di crescita
sostenibili sul resto del decen-
nio. L’IoT e Industria 4.0 rappre-
sentano buone opportunità di
crescita per l’industria dei se-
miconduttori, come tutti sanno.
Quando avverrà realmente non
è ancora del tutto chiaro.
N
ei forzieri degli istituti di
emissione di alcuni importan-
ti Paesi, oltre a lingotti d’oro,
riserve delle principali valute
internazionali e titoli di Stato, è
possibile trovare anche azioni
del gruppo fondato da Steve
Jobs. In particolare, alla fine
del 2015
Norges Bank
, cioè
la Banca centrale norvegese,
deteneva lo 0,87% dal capi-
tale di
Apple
,
Royal Bank
of
Canada
lo 0,27% e
Swiss
Nationale Bank
lo 0,19 per
cento. Al contrario di quello
che si potrebbe pensare, l’ac-
quisto dei titoli del colosso di
Cupertino da parte di questi
Istituti centrali può essere stato
dettato da ragioni di prudenza,
dato che un’equilibrata diversi-
ficazione delle attività in por-
tafoglio consente di ridurne il
rischio complessivo. E proprio
in questa ottica, le azioni Apple
non possono essere ignorate
dai grossi investitori internazio-
nali se si pensa che il gruppo
guidato da Tim Cook è il più
grande al mondo per capita-
lizzazione di Borsa, valendo
oltre 500 miliardi di dollari. In
pratica, il colosso californiano
capitalizza quasi quanto l’inte-
ro mercato azionario italiano
costituito da oltre 300 aziende.
Fino a oggi, il 2016 non è stato
un anno positivo per Apple a
livello di risultati economici e,
di riflesso, di andamento borsi-
stico a Wall Street. I conti dei
primi tre mesi dell’esercizio in
corso hanno mostrato ricavi
pari a 50,6 miliardi di dollari,
in flessione di quasi il 13% ri-
spetto allo stesso periodo del
2015. Non accadeva da ben
13 anni che il gruppo fondato
da Jobs registrava una riduzio-
ne dei ricavi trimestrali su base
annuale. Ancora più marcato il
calo a livello di utile netto, sci-
volato di circa il 22% a quota
10,5 miliardi. Pesa il crollo delle
vendite degli iPad, nonostante
l’introduzione di potenti nuovi
modelli, e il forte rallentamento
delle vendite di iPhone. Basti
pensare che nel periodo gen-
naio-marzo del 2016, sono sta-
ti venduti poco più di 51 milioni
di iPhone rispetto ai 61 milioni
dello stesso periodo del 2015
e ai 75 milioni del trimestre ter-
minato a dicembre. Di fronte
a questi numeri si compren-
de la deludente performance
borsistica (circa -10%) a Wall
Street nei primi quattro mesi
del 2016, con le quotazioni
scivolate sotto 95 dollari. La
stragrande maggioranza degli
analisti delle banche d’affari
che coprono il titolo sono an-
cora ampiamente positivi sulle
prospettive dei titoli Apple, con
la media dei target price, che
rimane sopra 125 dollari. I soci
del gruppo californiano, con in
prima fila le tre banche cen-
trali, possono quindi sperare
in una ripresa dei corsi anche
sulla scia dell’ultime misure
prese per sostenere il titolo. I
vertici di Apple hanno autoriz-
zato un aumento di 50 miliardi,
portandolo così a 250 miliardi,
per il programma di restituzio-
ne del capitale agli azionisti da
completarsi entro marzo 2018.
Azioni Apple
nei caveau
delle banche centrali
Fusioni e acquisizioni
:
quale impatto sul mercato?
Norges Bank, Royal Bank of
Canada e Swiss National Bank
detengono complessivamente
l’1,33% del capitale del gruppo
di Cupertino in un’ottica di
diversificazione dei propri
investimenti. Fino a oggi,
il 2016 non è stato un anno
positivo con le vendite in
discesa per la prima volta dopo
13 anni e a Wall Street il titolo
ha lasciato sul terreno circa
il 10 per cento. Gli analisti
rimangono positivi
Fusioni e
acquisizioni
potrebbero
spingere il settore
verso una sorta di
oligopolio. Eppure
ci sono esempi
positivi
Foto Apple
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