ENERGYHARVESTING
TECH-FOCUS
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- ELETTRONICA OGGI 469 - APRILE 2018
durante i cicli di carica e ricarica troppo rapidi
si creano delle ramificazioni di litio simili ai den-
driti dei neuroni che il prof. chiama “baffi metal-
lici” e purtroppo possono arrivare a collegare
anodo e catodo causando micro cortocircuiti
che peggiorano le presta-
zioni della cella e, peggio,
sono il motivo principale
delle seppur rare esplosioni
che incendiano le batterie al
litio. Il team ha sperimentato
come elettrolita il vetro e
capito che con il vetro si può
usare sull’anodo un metallo
alcalino come il sodio, più a
basso costo, oppure il potas-
sio o lo stesso litio solido.
Questo approccio impedisce
la formazione dei dendriti, aumenta la densità
di energia sul catodo, allunga la vita della cella
(che così sopporta più di 1.200 cicli) e la rende
più robusta dandole una tolleranza termica
che va da -20 fino a +60 °C, il che costituisce
un valore aggiunto per le batterie automotive.
L’intero lavoro è stato ovviamente brevettato
dall’Università del Texas di Austin che potrà
commercializzarne i diritti e goderne i proventi.
Twistron
All’Università del Texas di Dallas hanno condot-
to una sperimentazione insieme alla Hanyang
University del South Korea dove sono riusciti a
realizzare i “twistron” che sono due fili di nano-
tubi di carbonio attorcigliati e avvolti con un
materiale ionicamente conduttivo, in grado di
generare energia quando sono ruotati, schiac-
ciati o stirati in qualsiasi
modo lo si faccia. In effetti,
non si può parlare di batte-
rie perché i twistron sono
in pratica degli “harvester”
o raccoglitori di energia sia
meccanica sia termica che,
quando si trovano immersi
in liquidi sottoposti a flut-
tuazioni di densità continue
o a periodiche variazioni di
temperatura, producono ai
loro capi una differenza di
potenziale tempovariante
che può essere convertita
in alimentazione elettrica. I fili di nanotubi sono
caricati dall’elettrolita stesso e quando sono
tirati o ruotati subiscono una diminuzione di
volume che schiaccia le cariche e aumenta la
tensione ai capi terminali. I ricercatori asseri-
scono che contorcendo un twistron 30 volte
al secondo si possono generare 250 W/kg e,
inoltre, che a un dispositivo IoT bastano 31 mil-
ligrammi di twistron per trasmettere wireless 2
kByte di dati fino a 100 metri di distanza ogni
10 secondi. Oltre che per ali-
mentare piccoli prodotti, per
di più, i twistron di grandi
dimensioni possono anche
essere immersi fra le onde
del mare per produrre gran-
di quantità di energia.
Smartphone senza pila
All’UniversitàdiWashington
hanno realizzato il prototi-
po del primo smartphone
Battery Free Phone total-
mente privo di batteria perché dotato di un
“ricaricatore” istantaneo in grado di alimen-
tarne i circuiti quanto basta per ogni tipo di
telefonata o chiamata su Internet. In effetti,
bastano pochi microWatt per fare tutto ciò che
si fa con uno smartphone e perciò un “racco-
glitore” di energia ambientale è perfettamente
in grado di provvedere a sufficienza. Nella
sperimentazione si è raccolta l’energia disper-
sa dalle radiazioni elettromagnetiche ambien-
tali prodotte dalle stazioni cellulari base ed è
stato dimostrato che basta trovarsi a meno di
una decina di metri da una cellula per averne
quanta se ne vuole mentre l’energia raccolta
scende a valori sufficienti ma non critici a
neanche una quindicina di metri e comunque
si affievolisce dopo una ventina di metri. Data
la capillarità delle stazioni cellulari attualmente
installate sul territorio si
capisce che di energia RF
dispersa ce n’è abbastan-
za per alimentare in que-
sto modo gli smartphone
quasi ovunque.
IoT che raccolgono
l’energia RF
Drayson Technologies
è una giovane impresa
inglese che si è focalizzata
negli harvester a radiofre-
quenza che consentono di
raccogliere l’abbondante
quantità di energia dispersa nell’ambiente
dalle stazioni cellulari pensate per poter rag-
giungere milioni di smartphone. Quest’energia
è preziosa perché ha il vantaggio di essere
raccoglibile ovunque senza cavi e nei labo-
Fig. 3 – Il Battery Free Phone realizzato
all’Università di Washington non ha bisogno
di batterie perché cattura dalle radiazioni RF
disperse tutta l’energia di cui ha bisogno
Fig. 4 – Drayson Technologies ha sviluppato un
harvester per la raccolta dell’abbondante energia
dispersa nell’ambiente a radiofrequenza