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- ELETTRONICA OGGI 466 - NOVEMBRE/DICEMBRE 2017
leggermente, mezzo grado in più o in meno per esempio, la temperatura senza che le persone presenti ne risentano,
ma con interessanti ripercussioni sull’assorbimento di energia, visto che l’operazione semplificherebbe il livella-
mento della rete. Un altro esempio interessante è costituito dalla gestione dinamica della modalità di ricarica delle
batterie delle auto elettriche, che può essere di tipo lento oppure rapido. Gestendo a seconda delle necessità della
rete i tempi di ricarica, per esempio differendoli, ma comunque in una finestra temporale definita (entro sei ore, per
esempio, la ricarica deve essere completata) si può, nel caso di grandi gruppi di autoveicoli, ridurre la domanda
di energia in determinati momenti e quindi livellare meglio il sistema. Se, in linea di principio, questi concetti sono
semplici, la loro implementazione non lo è affatto, perché si scontra con l’etereogenità dei componenti utilizzati.
Se prendiamo come esempio una batteria virtuale composta da due batterie fisiche, una che può essere caricata
e scaricata velocemente mentre l’altra lo può fare solo più lentamente, si inizia a capire quali problemi si debbano
affrontare, per esempio su come distribuire la carica della batteria virtuale attraverso le due batterie reali per non
perdere capacità aggregata. Gli esperti comunque concordano sul fatto che la flessibilità delle reti dovrà comunque
aumentare con la crescita delle fonti energetiche rinnovabili e quindi i sistemi di batterie virtuali offrono delle inte-
ressanti prospettive. Utilizzare la domanda di energia da parte delle batterie dei veicoli elettrici oppure dei sistemi
di condizionamento degli edifici come batterie virtuali è considerato infatti un salto concettuale molto importante.
L’autoapprendimento dei robot
Francesco Ferrari
A
ttualmente, i robot destinati alla produzione sono quasi tutti programmati per eseguire una sequenza di opera-
zioni predeterminata, ma questo tipo di approccio talvolta è relativamente complesso, per esempio in termini
di programmazione, e anche limitante in caso di situazioni impreviste.
Molto più interessante, invece, è un tipo di approccio che prevede l’au-
toapprendimento, come accade per gli esseri umani. Se si utilizzano reti
neurali artificiali, si può emulare infatti il processo di apprendimento
usato dagli esseri umani che avviene tramite la sperimentazione. Le reti
neurali artificiali, nate da oltre 60 anni, usano modelli computazionali
ispirati al sistema di funzionamento del cervello umano e permettono
sia di apprendere durante una fase di addestramento, sia di generaliz-
zare quanto appreso per affrontare situazioni nuove non previste (cioè
la capacità di produrre output ragionevoli con input mai incontrati pri-
ma durante l’apprendimento). Un elemento particolarmente interessan-
te di questo tipo di reti è che, come accade per il cervello umano, la
memoria interna viene aumentata con l’esperienza. Nelle reti neurali,
inoltre, non c’è distinzione tra memoria e area di calcolo e c’è tolleranza
agli errori dato che la memorizzazione avviene in modo diffuso. Questo
tipo di approccio permette di implementare il deep learning, cioè un apprendimento approfondito, che consiste in
un insieme di algoritmi e di tecniche che consentono di individuare degli aspetti di regolarità, per esempio schemi o
modelli, negli insiemi di informazioni non organizzate. In sostanza, questo tipo di apprendimento permette, per esem-
pio, di riconoscere un volto oppure un ostacolo sulla strada (cosa particolarmente interessante per i veicoli a guida
autonoma) oppure dei pattern. Questa caratteristica è tipica dell’uomo che cerca di trovare sempre una regolarità, un
senso, negli stimoli che gli arrivano (anche quando non ce ne sono). Questa caratteristica delle reti neurali artificiali le
rende estremamente interessanti dal punto di vista delle potenzialità, con dei risvolti, per diversi analisti, che possono
essere anche inquietanti. Ne stiamo vedendo un piccolo esempio nella notevole capacità di aggregazione delle infor-
mazioni e di classificazione dei gusti dei singoli utenti (in alcuni casi gli algoritmi possono dedurre informazioni anche
analizzando autonomamente le fotografie inserite sui social media) da parte di siti Internet per proporre pubblicità
mirata. Tornando ai robot, sistemi basati sull’autoapprendimento esistono già da tempo e, per esempio, Google ha
sperimentato un sistema per l’autoprogrammazione dei robot usando 14 bracci robotici in grado di afferrare oggetti
di varie dimensioni, come giocattoli, grazie a un manipolatori con due dita e dotati della possibilità di identificare gli
oggetti tramite una telecamera. La visione monoculare poneva alcune limitazioni per afferrare oggetti, ma questi robot
si sono dimostrati in grado di imparare dai propri errori affinando il coordinamento “occhio-mano” (il report di Goo-
L’esperimento di Google per la raccolta di dati su larga
scala per addestrare il modello di previsione della
CNN (Convolutional Neural Network) comprendeva 14
manipolatori robotici e ha permesso la raccolta di oltre
800.000 tentativi di apprendimento
Fonte: Google