L
o scorso 30 agosto, la Com-
missione Europea per la con-
correnza ha di fatto presentato
ad
Apple
un conto arretrato
di 13 miliardi di euro che, una
volta conteggiati gli interessi,
potrebbe arrivare a 19 miliardi
di euro. Si tratta di tasse che la
Commissione ritiene dovute e
non versate allo stato Irlande-
se a partire dai dieci anni ante-
cedenti l’inizio dell’indagine su
presunti aiuti statali irlandesi
alla multinazionale di Cuperti-
no. Tanto Apple quanto il Go-
verno irlandese hanno dichia-
rato di volersi appellare.
Va chiarito che Apple non ha
infranto alcuna legge: il mec-
canismo di elusione – e non
evasione – è sfruttato da altre
grandi multinazionali ed è legit-
timato da una serie di cavilli, o
dalla loro assenza, nelle varie
legislazioni statali. Nel caso di
Apple è stato documentato nel-
le indagini condotte in diversi
Paesi europei, negli Stati Uniti
e in Australia.
Facendo leva su accordi sti-
pulati con il Governo irlandese
nel 1991 e nel 2007, gli utili
derivanti dalle vendite Apple
nell’Unione Europea, in Africa,
Medio Oriente e India venivano
ascritti alle due società irlande-
si Apple Operations Europe
(AOE) e Apple Sales Interna-
tional (ASI) ma erano solo in
minima parte tassati con la già
bassa aliquota irlandese del
12,5%. Le conclusioni della
Commissione di inchiesta sono
che la stragrande maggioran-
za dei profitti veniva trasferita
alla ‘sede centrale’ apolide di
ASI che, in quanto priva di uf-
fici, personale ed attività vera
e propria, “
esisteva solo sulla
carta
” ma poteva godere della
normativa irlandese (poi aboli-
ta nel 2013) sulle società ‘sen-
za stato’ e risultare in pratica
esentasse.
Il commissario europeo per la
concorrenza Margrethe Vesta-
ger ha riassunto l’entità dello
sgravio fiscale spiegando che
grazie a questo schema Ap-
ple è arrivata a pagare solo 50
euro di tasse per ogni milione
di euro di profitti. La tesi della
Commissione è che si tratti di
un trattamento fiscale privile-
giato concesso dal governo
irlandese e che ciò si configuri
come aiuto di stato in contrav-
venzione alle normative euro-
pee sulla concorrenza.
Il conto da 13 miliardi di euro
è di fatto un conguaglio sul
cumulo di tasse sugli utili tra-
sferiti alla sede centrale e non
rappresenta in alcun modo,
sottolinea la Vestager, una
multa o una qualsivoglia pena-
lità retroattiva in quanto nes-
suna regola è stata cambiata.
Apple, ovviamente, ha un
punto di vista differente sulla
questione: in un comunicato
ai clienti pubblicato sul sito
aziendale, Tim Cook si mo-
stra sorpreso di dover pagare
più tasse di quante lo stesso
governo irlandese avesse
preteso e spiega che in base
agli accordi bilaterali presi tra
Irlanda e Stati Uniti la tassa-
zione sugli utili deve avvenire
nel Paese in cui viene gene-
rato valore. E siccome Apple
ritiene che il valore venga ge-
nerato dall’R&D in California
(dove però a pagare le tasse
sono le aziende registrate ne-
gli USA), l’accusa alla Com-
missione Ue è quella di voler
cambiare retroattivamente e
unilateralmente le regole. E
questo, secondo Cook, avrà
“un profondo e dannoso effet-
to sugli investimenti e la cre-
azione di lavoro in Europa”.
Se è pur vero che l’azienda di
Cupertino, con il suo capitale
in contanti di 215 miliardi di
dollari, è una delle pochissi-
me al mondo che sarebbe in
grado di assorbire una stan-
gata da 13 miliardi di euro
senza quasi battere ciglio, è
evidente che dal punto di vista
legale ha appena dissotterra-
to l’ascia di guerra.
EON
EWS
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SETTEMBRE
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M
ASSIMO
G
IUSSANI
T
ERZA
P
AGINA
La Commissione europea per la concorrenza presenta ad Apple
un conto arretrato da 13 miliardi di euro
La tassa
sulla Mela