“Timeo danaos et dona feren-
tes”, ossia: “temo i greci anche
quando portano doni”. Sono le
parole che, nell’Eneide, Virgilio
attribuisce a Laocoonte quando
questi cerca di convincere i tro-
iani a non portare dentro le mura
della città il ben noto cavallo di
legno lasciato dai greci.
Come tutte le fiere di settore il
Mobile World Congress 2015,
conclusosi lo scorso 5 marzo a
Barcellona, è una manifestazio-
ne che guarda al futuro; tuttavia,
alcune delle iniziative illustrate
o tangenzialmente discusse al
congresso non possono fare a
meno di rievocare questo par-
ticolare passo dell’Eneide. Ma
andiamo per ordine.
Per cominciare, come molte al-
tre manifestazioni di questo tipo
negli ultimi anni, MWC 2015 si
contraddistingue per l’assenza
di grandi novità in senso stretto.
E così, tra gli schermi dai bordi
ripiegati del
SamsungGalaxy
S6, i ritocchi al design dell
’ HTCOne M9, la nuova linea Urbane
di smartwatch con interfaccia
LTE con cui
LGintende fare
concorrenza all
’ AppleWatch,
il MWC 2015 lascia un’impres-
sione di frammentazione dell’in-
novazione che sconfina nel ‘già
visto’. Ci sono poi conferme del-
le tendenze in atto: la transizione
verso le architetture a 64 bit, la
crescente interconnessione di
un ecosistema di gadget sempre
più vasto, l’incedere dei ‘weara-
bles’ e un senso di incomben-
za della rivoluzione promessa
dall’Internet delle Cose. Le po-
tenzialità del 5G sono state mo-
strate allo stand
Ericsson, dove
è stato allestito un prototipo di
postazione di controllo remoto di
una ruspa con video e audio ad
alta definizione.Dalla fiera emer-
ge anche una maggior consape-
volezza sui temi della sicurezza
informatica e della protezione
della privacy. I meccanismi di
controllo dell’accesso ai disposi-
tivi mobili si fanno più sofisticati:
scansione dell’iride e lettura di
impronte a prova di calco fanno
capolino nell’offerta dei maggiori
produttori. La protezione dei dati
e l’introduzione di una ‘etica di-
gitale’ che metta gli interessi dei
consumatori al di sopra di quelli
delle grandi corporation, sono
due prerequisiti essenziali alla
diffusione capillare dei servizi più
sensibili, come quelli di e-money
ed e-health. Ma se la cifratura di
default è un obbiettivo tecnica-
mente alla portata dei produttori
di dispositivi, convincere i fornito-
ri di connettività e servizi ad al-
lentare la morsa sui propri clienti
è un impresa assai più ardua.
La neutralità della rete è stato
un argomento discusso a MWC
2015, specialmente alla luce del
recente voto della statunitense
FCC, che ha apparentemente
approvato la linea pro-neutrality
e senza ‘corsie preferenziali’
caldeggiata dal presidente
Obama. Nell’Unione Europea si
sta ancora discutendo sul senso
da dare al termine ‘neutrality’:
la versione proposta nel 2013
da Neelie Kroes non faceva
alcun riferimento alle ‘corsie
preferenziali’, mentre quella
proposta lo scorso novembre
durante la presidenza italiana
è stata duramente criticata per
l’ambiguità del linguaggio. La
linea attualmente in discussione
sotto la presidenza lettone è
quella di un compromesso
per la realizzazione di corsie
preferenziali per specifici servizi
particolari, ma il dubbio che
nel Vecchio Mondo si possa
prefigurare un Internet a doppia
velocità non è stato fugato.
A complicare il quadro ci sono
anche iniziative apparentemen-
te benigne, come il progetto
internet.org portato avanti dal
Connectivity Lab di Facebook e
illustrato da Mark Zuckerberg nel
suo intervento a MWC. Lanciato
nel 2013, il progetto si prefigge
di rendere gratuita la connetti-
vità Internet a servizi selezio-
nati nelle aree più svantaggiate
del globo. Il problema di questo
approccio, detto anche di ‘zero-
rating’, è che può trasformarsi in
un cavallo di Troia per scardinare
i principi di neutralità della rete.
I servizi ‘selezionati’ sono quelli
di Facebook e dei suoi partner
che si verrebbero così a trovare
in una posizione avvantaggiata
rispetto alla concorrenza. Le ini-
ziative di zero-rating sono parti-
colarmente insidiose nel campo
della connettività mobile, dove
gli ISP sono soliti porre limiti al
traffico dati, e dove si giocherà la
battaglia dell’Internet delle Cose.
E se nei Paesi in via di sviluppo
coinvolgono servizi a basso traf-
fico come Facebook, nei Paesi
più ricchi alterano le dinamiche
di mercato nell’ambito dell’home
entertainment, favorendo i servi-
zi di streaming degli ISP rispetto
alla concorrenza rimasta nella
‘corsia a pagamento’. Questo
spiega perché alcuni Paesi eu-
ropei (tra cui Norvegia, Olanda,
Slovenia e Ungheria) hanno
proposto di metterli fuori legge.
Proposta che ha incontrato l’op-
posizione dei principali operatori
di telecomunicazioni Europee.
EON
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marzo
2015
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Tra il glamour di telefoni e smartwatch
all’ultima moda, il Mobile World Congress 2015
ci offre anche una lezione di mitologia greca
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