MEMS piezoelettrici per il recupero dell’energia dispersa
Oggi nel mondo c’è moltissima energia che viene inutilmente dispersa e le tecnologie per il recupero e il successivo riutilizzo nella forma elettrica per l’alimentazione dei piccoli sistemi sono allo studio presso tutti i più importanti laboratori tanto nelle università quanto in seno alle industrie dell’intero comparto dell’elettronica.
Fioriscono le analisi di mercato che promettono importanti affermazioni commerciali per i sistemi capaci di catturare l’energia dispersa nelle sue varie forme – termica, cinematica o elettromagnetica – per convertirla in potenza elettrica sufficientemente stabile per alimentare le piccole applicazioni.
Si pensi alle differenze di temperatura presenti nell’aria vicino ai motori o alle turbine, alle vibrazioni meccaniche diffuse dai tram o internamente ai pneumatici o alle scarpe e, infine, all’enorme quantità di radiazioni a radiofrequenza disperse dalle reti telefoniche e televisive.
Riutilizzando questa energia molti sistemi potrebbero vivere autonomamente e svolgere mansioni intelligenti utili alla comunità senza bisogno di cablaggi né di alcun intervento umano sul campo, dato che basterebbe monitorarli e gestirli in remoto grazie ai moderni front-end wireless a bassissimo consumo.
Fra le più promettenti tecnologie per il recupero dell’energia c’è la sua conversione dalla forma meccanica vibrazionale che si può realizzare con un trasduttore piezoelettrico miniaturizzato formato da un elemento elastico composto da uno o più strati piezoelettrici di massa opportuna interposti fra due elettrodi metallici in modo tale da costituire un condensatore.
Al muoversi del telaio del dispositivo corrispondono dei movimenti elastici nell’elemento piezoelettrico che inducono sugli elettrodi una carica elettrica tempovariante che diventa tensione ai morsetti terminali.
Così, l’energia meccanica ricevuta dal dispositivo sotto forma di vibrazioni viene trasformata in energia elettrica e rilasciata come tensione riutilizzabile con una potenza che attualmente si aggira attorno al mW ed è quindi già discreta, ma sono già stati presentati prototipi capaci di arrivare a qualche decina di mW.
Sono stati anche realizzati dispositivi simili basati su altri principi come, per esempio, i convertitori a induttanza magnetica, ma il rendimento è inferiore rispetto a quelli a piezoelettrico che oltretutto possono essere fabbricati con svariati materiali fra cui quarzo, ossido di zinco, nitruro di alluminio, ceramiche PZT (zirconato titanato di piombo) e polimeri plastici PVDF (polivinildenfluoruro) e perciò si possono produrre in diversi modelli in grado di adattarsi a ogni particolare ambiente applicativo.
Si intuisce che a rendere attraente questa tecnologia in termini di competitività sul mercato è l’ampia disponibilità dei processi di fabbricazione a basso costo riguardanti i dispositivi MEMS, microelettromeccanici, oggi diventati una preziosa risorsa per l’intero comparto dell’industria elettronica.
La tecnologia MEMS risolve, infatti, l’unico limite che avevano i primi piezoelettrici ossia quello di diminuire notevolmente il rendimento al restringersi delle dimensioni della superficie elastica tanto per cui era quasi impossibile realizzarli nei fattori di forma miniaturizzati adatti alle moderne applicazioni.
Grazie alla possibilità di creare dei “cantilever” di silicio ossia delle membrane a sbalzo elastiche molto sensibili si riesce oggi a fabbricare convertitori MEMS efficienti e adattissimi per convertire l’energia dalla forma vibrazionale a quella elettrica. Non solo, ma si stanno studiando assiduamente i materiali nanostrutturati che potrebbero consentire rendimenti di conversione ancora superiori.
Micro celle di energia
MicroGen ha sede e laboratori a Ithaca e Rochester che si trovano nel nord dello stato di New York verso i laghi al confine con il Canada. Da oltre 20 anni progetta e sviluppa dispositivi piezoelettrici in diversi formati e, contrariamente a quanto fanno molte società europee che fanno fabbricare i propri chip in America e in Asia, questa società ha scelto per produrre i suoi chip microelettromeccanici gli stabilimenti tedeschi di XFAB Semiconductor Corporation a Itzehoe che si trova a nord di Amburgo vicino alla Danimarca.
La famiglia dei convertitori di energia vibrazionale MicroGen BOLT Power Cells è stata perfezionata e potenziata con l’implementazione dei controllori SmartMesh LTC5800-IPM di Linear Technology che ne consentono il collegamento in rete senza fili al fine di realizzare efficaci Wireless Sensor Network (WSN) con cui rilevare l’energia cinematica pur usufruendo di una gestione remotizzata con risultati notevoli sia dal punto di vista del rendimento energetico che in termini di versatilità applicativa.
Le nuove celle di potenza Bolt possono essere usate come micro generatori di energia o MPG, Micro-Power Generator, capaci di catturare l’energia vibrazionale entro abbondanti limiti di frequenza e intensità e convertirla in energia elettrica stabilizzata con buona precisione e con un’erogazione continua di qualità superiore a quella delle usuali pile stilo.
Nel chip MicroGen Bolt M0600X c’è un MEMS di 1 cm2 dentro il quale è stata realizzata una microstruttura piezoelettrica a cantilever capace di muoversi elasticamente quando sottoposta alle vibrazioni ambientali per formare ai morsetti esterni una tensione alternata che poi viene trasformata in potenza elettrica tipicamente attorno ai 100 µW per un’escursione di circa 0,1g a frequenza di 120 Hz e di quasi 1 mW se le vibrazioni cinematiche sono di 0,5g a 600 Hz.
La potenza alternata prodotta viene quindi immediatamente trasformata in continua dal convertitore ac/dc Linear Technology LTC3588-1 e poi immagazzinata nel condensatore buffer da 300 µF dal quale può essere successivamente prelevata dai sistemi periferici per distribuire l’energia laddove occorre. In opzione si può anche affiancare un condensatore da 22 mF prodotto da Panasonic per consentire l’alimentazione di una più potente cella buffer da 7 mA/ora della stessa Panasonic.
Il convertitore Linear è stato scelto perché specificatamente ottimizzato per i piezoelettrici MEMS e integra a bordo un rettificatore a basso dropout e uno stadio di amplificazione Mosfet in uscita con cui può erogare fino a 100 mA con tensione selezionabile fra 1,8, 2,5, 3,3 e 3,6 V. Inoltre, dispone anche di due front-end wireless uno a radiofrequenza e uno all’infrarosso con cui si può interfacciare all’esterno.
L’uscita della cella di potenza Bolt dipende, tuttavia, dalle caratteristiche del circuito di carico dove viene installata e pertanto può fornire più o meno potenza a seconda della tensione e/o della corrente di lavoro. MicroGen ha comunque ingegnerizzato le celle Bolt in modo tale da potersi sostituire direttamente alle pile alcaline più popolari e ciò ne semplifica l’installazione in tutte le applicazioni portatili e per esempio nel settore medicale dove può alimentare gli apparecchi indossabili per la somministrazione dei farmaci oppure i sensori per la rilevazione dei parametri biologici degli atleti senza interferire nelle loro quotidiane attività.
Il grande valore aggiunto dei prodotti MicroGen è il costo estremamente competitivo che ne rende conveniente l’uso anche in alternativa alle pile usa e getta che oltretutto sono ecologicamente meno sostenibili. La cella Bolt viene, comunque, fornita nei tre tagli con frequenza di lavoro da 100, 120 o 600 Hz, ma se ne può aumentare l’escursione fino a 1,5 kHz aggiungendo un’opportuna configurazione circuitale prevista in opzione.
Lo stesso per l’acquisizione delle vibrazioni che può essere aumentata fino a 3,0g e per la tensione d’uscita che può arrivare fino a 17 o 32 V con un’opportuna polarizzazione di supporto. Infine, grazie ai collaudati processi di fabbricazione disponibili negli impianti XFAB per i dispositivi Mems, l’elemento elastico piezoelettrico può essere realizzato da MicroGen in silicio, polisilicio, ossido di silicio, nitruro di alluminio, alluminio, molibdeno e titanio in modo da soddisfare un’ampia varietà di ambienti applicativi. Le dimensioni totali sono di 4,85×2,65×1,75 cm mentre la tolleranza termica operativa va da -40 a +85 °C.
Lucio Pellizzari
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