Vi è mai capitato di accendere un regolatore buck, per collaudarlo alla massima potenza, e rimanere con un ricordo indelebile dopo avere eseguito la verifica della temperatura dell’induttore con le dita?
Le cause potrebbero essere le perdite nel nucleo e nell’avvolgimento in corrente alternata. Con una frequenza di commutazione di 100 kHz, in genere questo non è un problema, poiché le perdite nel nucleo rappresentano dal 5 al 10 percento delle perdite totali nell’induttore – da qui il corrispondente aumento di temperatura.
Generalmente, per selezionare un induttore basta determinare la massima corrente di carico e calcolare l’induttanza in base a una corrente di ripple del 20 percento. L’aumento di temperatura nell’induttore sarebbe simile a quello indicato nella scheda tecnica, a causa dell’insignificanza delle perdite nel nucleo. Ma quando la frequenza di commutazione aumenta oltre 500 kHz, le perdite nel nucleo e nell’avvolgimento in corrente alternata possono ridurre drasticamente la massima corrente continua disponibile in un induttore. Utilizzando una corrente di ripple del 20 percento per calcolare l’induttanza si stabilisce la stessa escursione del flusso nel materiale del nucleo, indipendentemente dalla frequenza. L’equazione per il calcolo delle perdite nel nucleo è, in linea generale:
Per cui se la frequenza (F) aumenta da 100 a 500 kHz, le perdite nel nucleo diventano otto volte più grandi. Questo aumento è illustrato nella figura 1, che mostra anche come le perdite dissipabili nel rame diminuiscano all’aumentare delle perdite nel nucleo. A 100 kHz le perdite sono concentrate quasi interamente nel rame ed è possibile utilizzare la massima corrente continua nominale, mentre a frequenze maggiori diventano notevoli le perdite nel nucleo.
Poiché le perdite totali nominali sono pari alla somma delle perdite nel nucleo e di quelle nel rame, queste ultime devono essere ridotte a mano a mano che aumentano le prime. Questo andamento continua finché i due tipi di perdite non sono uguali. L’intervallo di frequenze più alte, dove le perdite vengono mantenute uguali, è ottimale in quanto consente di ottenere la massima corrente di uscita dalla struttura magnetica.
Nell’equazione 1, il numero di spire è proporzionale all’inverso della radice quadrata della frequenza, per cui se la frequenza raddoppia (l’induttanza è dimezzata) il numero di spire diminuisce di un fattore pari a 0,707.
L’effetto sulla resistenza dell’avvolgimento è duplice: il numero di spire viene ridotto del 30% e per ciascuna spira è disponibile il 41% in più di area. Poiché la resistenza dell’avvolgimento dipende dal rapporto tra il numero di spire e l’area di una spira, la resistenza diminuisce linearmente all’aumentare della frequenza. In questo esempio, la resistenza si dimezza.
A frequenze più elevate, le perdite nel nucleo iniziano a limitare le perdite nominali nel rame, finché non diventano uguali. A questo punto si aumenta l’induttanza per ridurre il flusso aggiungendo spire. In tal modo la resistenza dell’avvolgimento aumenta e di conseguenza diminuisce la corrente nominale dell’induttore. Il risultato è una frequenza ottimale dal punto di vista delle dimensioni per quanto riguarda l’induttore.
Riepilogando: che le dimensioni dei componenti magnetici diminuiscano all’aumentare della frequenza di commutazione è vero, ma solo fintantoché le perdite nel nucleo e nell’avvolgimento in corrente alternata sono uguali alle perdite nel rame. Oltre tale punto, le dimensioni dei componenti magnetici in effetti aumentano. Inoltre i progettisti devono tenere presente che, a causa del gran numero di dispositivi disponibili sul mercato funzionanti a elevate frequenze di commutazione, nelle corrispondenti note applicative non sono indicati chiaramente i possibili problemi che nascono da perdite eccessive nel nucleo.
Nel prossimo numero della rubrica illustreremo i vantaggi di un convertitore Sepic multiuscita.
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