In questo articolo illustreremo come sia possibile utilizzare la stessa serie per ottimizzare l’efficienza dell’alimentatore per una particolare corrente di carico. In Alimentazione: alcuni suggerimenti-parte 11, abbiamo proposto di calcolare le perdite di potenza in funzione della corrente di uscita in base alla seguente formula:
Il passo successivo consiste nell’inserire questa semplice espressione nell’equazione per il calcolo dell’efficienza:
Infine si può ottimizzare l’efficienza in base alla corrente di uscita (lasciamo la dimostrazione alla volontà del lettore). L’ottimizzazione produce un interessante risultato, ossia che l’efficienza è massima quando la corrente di uscita è uguale al valore fornito dalla seguente espressione:
Anzitutto si nota che il termine a1 non influisce sul valore di corrente che massimizza l’efficienza. Ciò perché è correlato a perdite proporzionali alla corrente di uscita, come quelle che si generano nelle giunzioni dei diodi. Quindi, a mano a mano che aumenta la corrente di uscita, queste perdite e la potenza di uscita aumentano proporzionalmente e non hanno alcun effetto sull’efficienza. In secondo luogo, si osserva che l’efficienza è massima quando le perdite costanti sono uguali alle perdite per conduzione.
Ciò implica che deve essere possibile ottimizzare l’efficienza, dato che si ha il controllo sui componenti da cui dipendono i valori di a0 e a2. Ovviamente, per migliorare l’efficienza occorre anche cercare di ridurre il valore di a1. Poiché i guadagni ottenuti operando su questo termine saranno uguali per tutti i valori della corrente di carico, non si otterrà un’ottimizzazione, come invece è possibile con gli altri termini. L’obiettivo, per quanto riguarda a1, è minimizzarlo mirando a contenere i costi.
La tabella 1 presenta un riepilogo dei vari termini da cui dipendono le perdite in un alimentatore e i coefficienti corrispondenti. Ci si può così fare un’idea di alcuni dei compromessi da raggiungere per massimizzare l’efficienza dell’alimentatore. Ad esempio, la scelta della resistenza allo stato On del MOSFET di potenza influisce sulle perdite nel comando di gate, su quelle dovute a COSS e sulle possibili perdite nello snubber: un valore più basso di tale resistenza comporta un aumento inverso di questi tre fattori. Quindi è possibile agire su a0 e a2 scegliendo opportunamente il MOSFET.
Nella fase successiva dei calcoli, si sostituisce il valore della corrente ottimale nell’equazione dell’efficienza e si ottiene così l’espressione che fornisce l’efficienza massima:
In questa equazione è necessario minimizzare gli ultimi due termini per massimizzare l’efficienza. Per quanto riguarda a1, occorre semplicemente ridurlo, mentre l’ultimo termine richiede di effettuare delle scelte: supponendo che la potenza in COSS e quella nel comando di gate di un MOSFET dipendano dalla relativa area e che la resistenza allo stato On sia inversamente proporzionale all’area stessa, è possibile selezionare l’area (e la resistenza) ottimale. La figura 1 presenta i risultati di un’ottimizzazione dell’area del die.
Quando l’area è piccola, la resistenza allo stato On del MOSFET diventa il fattore limitante dell’efficienza.
All’aumentare dell’area, aumentano le perdite nel comando di gate e in COSS, e a un certo punto diventano il fattore dominante. L’intervallo del minimo è relativamente ampio, offrendo al progettista una certa flessibilità nel bilanciare il costo del MOSFET rispetto alla riduzione delle perdite conseguibile. Il minimo viene raggiunto quando le perdite nel comando sono uguali alle perdite per conduzione.
La figura 2 mostra l’andamento dell’efficienza per tre possibili progetti basati sul punto ottimale illustrato nella figura 1. Sono presentate aree del die normalizzate ai valori 1, 2 e 3. A bassi carichi, l’efficienza dell’area più grande è penalizzata dall’aumento delle perdite nel comando, mentre a carichi più alti l’area più piccola risente dell’aumento delle perdite per conduzione.
Il prossimo argomento della rubrica saranno le limitazioni associate alla riduzione delle dimensioni dei componenti magnetici all’aumentare della frequenza di commutazione.
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