Il settore high-tech è tradizionalmente una calamita per le professionalità più qualificate: in questo periodo il suo segmento dominante, quello dell’Information and Communication Technology, mostra una tendenza assai marcata alla crescita ed esprime una consistente domanda di risorse umane, nonostante le turbolenze borsistiche in corso.
Uno dei problemi cruciali che lo affligge è quello dello “sill shortage”,la carenza di personale specializzato che ne rallenta lo sviluppo, determinando nei paesi dove il fenomeno è più evidente perdite del PIL pari al 3 per cento (dato EITO 2001, European Information Technology Observatory).
Tra questi figura l’Italia; secondo il rapporto EITO nel 2003 il mercato italiano potrà contare su poco più di un milione e 600 mila esperti di ICT, a fronte di una domanda di oltre due milioni: il gap di competenze dovrebbe quindi ammontare ad almeno 400 mila unità (tabella 1).
Contare su risorse umane qualificate per essere in grado di far fronte alla nuova epoca di sviluppo economico e tecnico è quindi un’esigenza universalmente riconosciuta; paradossalmente, le risorse umane rappresentano per la new economy l’equivalente delle materie prime pregiate per l’industria: se ne può fare relativamente a meno nel breve periodo, nel lungo la loro carenza danneggia strutturalmente un sistema-paese.
Il Censis ha elaborato i dati relativi all’occupazione nella Net Economy (il comparto più brillante e tumultuoso dell’ICT, la punta di diamante del mercato del lavoro italiano) a partire dal 1997, rilevando una crescita sostenuta, più forte di circa un punto rispetto a quella dell’occupazione negli altri settori.
Con una base di 1.218.855 addetti nel ’97, l’occupazione è cresciuta del 2,5 per cento nel ’99, ma questa percentuale sta più che raddoppiando.
A partire dal 2000-2001 si verificherà secondo il Censis un sensibile incremento di tutte le attività dedicate alla realizzazione dei progetti Internet: progettazione (12 per cento), ideazione e pianificazione (10 per cento), sviluppo e manutenzione (20 per cento); con le attività di consulenza si giungerà a coprire il 57 per cento del totale delle risorse.
“Si tratta di un mercato a forte individualizzazione, che si spiega meglio partendo degli interessi e dagli obiettivi delle singole persone che lo svolgono più che dalla tradizionale divisione tra lavoro salariato e imprenditoriale”.
Questa tendenza all’individualizzazione spiega il successo delle piccole e medie imprese nel settore: in molti casi parliamo di micro imprese, composte da un pugno di professional ad alta specializzazione.
Uno studio della NetConsulting per Microsoft, presentato a Roma nel gennaio scorso durante una tavola rotonda alla presenza di Bill Gates, fornisce dati meno pessimistici riguardo al mercato italiano rispetto alle stime EITO, ma si riferisce alle sole aziende informatiche: nel 2001 mancherebbero all’appello 130 mila tecnici, con un raddoppio rispetto al ’99 (69 mila); a cavallo tra il 2002/2003 i posti vuoti dovrebbero portarsi a 170 mila.
Web designer, esperti di ambienti distribuiti, amministratori di database: queste le figure professionali latitanti.
Il solo ambito Internet richiederebbe quasi la metà degli addetti mancanti, 60 mila.
Anche NetConsulting, come EITO, ha stimato il “peso” di questi numeri sulle potenzialità dell’economia italiana: lo studio afferma che, calcolando un fatturato di circa 130 milioni per addetto, solo nel 2001 l’effetto della carenza di personale nel settore informatico provocherà un “mancato mercato” o mancato business prossimo ai 17 mila miliardi.
Una cifra equivalente allo 0,8 per cento del PIL nazionale (grafico 1), che le aziende potrebbero fatturare se disponessero di tutti i dipendenti di cui hanno bisogno, e che è pari al valore dei comparti della produzione di autoveicoli o della produzione farmaceutica.
Cisco, nel corso del Global Forum di Napoli dello scorso marzo, ha stimato le esigenze nel settore delle reti.
Il gap europeo tra domanda e offerta è del 35 per cento: sono quindi 2 milioni gli esperti mancanti, contro un’offerta di 1,3 milioni di unità.
In Italia lo scarto tra domanda e offerta è di circa 90 mila tecnici l’anno.
Quanto alle figure professionali di cui si sente maggiormente la mancanza nella Net Economy, un’analisi della Federcomin (Federazione delle Imprese delle Comunicazioni e dell’Informatica – federata alla Confindustria)/Anasin resa pubblica alla fine del 2000 ha puntato il dito su gestori di sistemi di TLC (aree di inserimento: maintenance reti – specie di quelle locali – e specialisti in ambiente di reti locali, supporto commerciale); specialisti in linguaggi e tecnologie multimediali (autori multimediali), web masters, specialisti in genere per l’ambiente web; specialisti di grafica e progettazione assistita; esperti di software applicativo e per la realizzazione di servizi; responsabili marketing e vendite in area e-business; esperti di sistemi informativi di supporto; specialisti in sistemi e modelli di organizzazione industriale; progettisti di software applicativo; progettisti di architetture sw; analisti programmatori object oriented, responsabili Erp.
Nel 1999 sono stati creati 20 mila posti di lavoro; con tale ritmo di crescita il divario stimato tra domanda e offerta per il 2001 valutabile in circa 50 mila unità: si tratta però di valori calcolati in secondo criteri di particolarmente prudenti.