Elettronica Plus

Qualcomm nel mirino dei fondi attivistiERT

Non è la prima volta che a Wall Street i fondi attivisti fanno sentire la loro voce. Ma le loro richieste fanno sempre rumore. Questa volta è toccato al colosso americano dei semiconduttori Qualcomm: il socio attivista Barry Rosenstein ha chiesto al management di valutare l’ipotesi di separare le attività di chipset con l’obiettivo di creare maggior valore per gli investitori.

Secondo l’azionista, lo spin off della divisione che produce chip per telefonia mobile potrebbe creare una divisione appetibile e diventare un tassello importante nel risiko del settore. Per Rosenstein, che tramite la sua Jana Partners ha investito più di due miliardi di dollari in Qualcomm, non si tratta solo di un consiglio come un altro. Ma di un suggerimento operativo che dovrà trovare seguito nella strategia del management.

Non a caso il socio ha fatto sapere di aver già intrattenuto colloqui sul tema con  i vertici della società alla quale ha chiesto di valutare anche altre ipotesi di lavoro come il riacquisto di azioni proprie e la riorganizzazione del board con nuovi manager più orientati alla performance operativa e alla riduzione dei costi.

“Abbiamo avviato un dialogo costruttivo da un paio di mesi – ha fatto sapere Rosenstein – abbiamo un approccio molto friendly e costruttivo con la società”. Tuttavia, a livello industriale, l’ingerenza dei soci è un boccone difficile da digerire per il management, costretto a  gestire le pressioni dell’azionista attivista che rischiano di pesare oltremisura sulle scelte strategiche di un gruppo dal valore di 114 miliardi di dollari.

“Gli input dei soci sono i benvenuti – ha spiegato Qualcomm in una nota – ci siamo impegnati a mantenere un dialogo attivo con tutti gli azionisti e di agire nel loro interesse”. Ciò non significa però che la strada mostrata da Barry Rosenstein  sia quella che il management percorrerà in futuro. Anche perché Qualcomm ha già dato molto ai suoi investitori: il gruppo ha già rivisto di recente la propria struttura e ha concluso che l’attuale configurazione risulti più’ interessante di soluzioni alternative.

Inoltre, proprio per incentivare gli investimenti sul titolo, il gruppo ha superato il proprio target di remunerazione dei soci restituendo più del 74% del proprio cash flow agli azionisti. “In queste situazioni si corre sempre il rischio di voler troppo accontentare i soci nell’immediato con scelte strategiche che poi nel lungo periodo non sono vincenti” ha spiegato un banchiere ricordando che solo il management ha il polso industriale del gruppo che ha anche bisogno di investire per sfornare nuovi prodotti sempre più tecnologicamente all’avanguardia e capaci di battere la concorrenza.