Il termine Nanoarchitectonics è stato concepito dai ricercatori dell’International Center for Materials Nanoarchitectonics, MANA, che è la divisione specializzata sulle nanotecnologie del National Institute for Materials Science di Ibaraki, in Giappone. In sostanza si riferisce a una tecnologia che consente di comporre insieme le strutture nanometriche per dare forma a configurazioni di gruppi di atomi o di molecole capaci di svolgere delle funzioni che possono essere di vario tipo, a seconda dei materiali scelti e della tecnica di costruzione impiegata per metterli insieme.
Creatività funzionale
La Nanoarchitectonics è suddivisa dai ricercatori giapponesi nelle due fondamentali fasi della “Nano Creation” e della “Nano Organization” che servono la prima a sintetizzare nuovi materiali non esistenti in natura e la seconda a realizzare sistemi nanometrici funzionanti con mansioni elettroniche, ottiche, meccaniche e persino biologiche.
Il MANA ha istituito due gruppi di scienziati e ingegneri che si occupano di questi due filoni di ricerca e il primo, per esempio, ha dimostrato che è possibile far assorbire in alcune zone ben delimitate di un foglio di grafene degli atomi di ossigeno che si legano al carbonio appoggiandosi agli atomi di idrogeno già presenti e possono poi rimanere in tale stato indefinitamente finché non se ne comanda il distacco con un opportuno stimolo elettrochimico sull’idrogeno. Ciò significa che i fogli di grafene possono diventare un buon supporto per memorie non volatili con celle di dimensioni nanometriche.
Il gruppo sta sperimentando anche le trasformazioni che si ottengono su diversi tipi di materiali nanometrici inducendo opportune reazioni elettrochimiche o applicando adeguati campi elettromagnetici e, persino, coinvolgendo le interazioni deboli a livello delle forze di Van der Waals. Invero, malgrado siano già stati presentati i prototipi di svariati componenti elettronici, ottici e meccanici basati sui materiali nanometrici come i nanotubi di carbonio, il fullerene e lo stesso grafene, non è stata ancora sviluppata un’adeguata tecnologia per integrare e collegare questi componenti insieme ed è questa la missione del secondo gruppo di ricerca che si dedica alla manipolazione degli atomi e delle molecole applicando di volta in volta le appropriate interazioni fisiche, chimiche ed elettromagnetiche per ottenere sistemi nanometrici funzionali.
Sono molte le ricerche attualmente in corso nei laboratori del MANA sui quattro principali filoni Nano-Materials, Nano-System, Nano-Power e Nano-Life ed è l’approccio impiegato dai ricercatori che riesce a renderle interessanti perché non si tratta semplicemente di comprimere le soluzioni micrometriche a una scala inferiore: a livello nanometrico cambiano le regole di comportamento delle sostanze a livello chimico, fisico, meccanico, ottico ed elettronico e perciò occorre reinventare un po’ tutto sia a livello dei singoli componenti sia in termini delle reciproche interazioni.
Fra i nano-materiali ci sono i nanotubi, i nanofogli e le super molecole mentre fra i nano-sistemi troviamo i dispositivi nanoelettronici, i sistemi neuromorfici e i sistemi nano-opto-elettro-meccanici. Con queste due fondamentali materie prime si possono realizzare sistemi nanometrici di potenza come ad esempio gli elementi per le celle solari e per le celle a combustibile oppure anche sistemi biologici e medicali come le bio-nanoparticelle, i biomateriali, le bio-interfacce e i biosensori.
Condensatori super e nano
Fra le ultime ricerche nei laboratori MANA c’è un’ulteriore variante tridimensionale del grafene ricavata osservando come si formano le bolle di zucchero soffiato e riproducendo lo stesso procedimento usando una particolare soluzione di glucosio polimerico. In effetti, oltre a essere elettricamente conduttivo il grafene è per natura leggero, robusto e duttile e perciò può essere stirato in fogli di spessore nanometrico deformabili nei quali però diventa difficile realizzare anche dei contatti che invece sono necessari per fornire o estrarre la corrente e questo costituisce senza dubbio un problema per gli ingegneri applicativi.
I due protagonisti della ricerca, Wang e Bando, hanno osservato che quando le bolle di zucchero si congiungono in gruppi diventano più solide e resistenti e perciò hanno provato a formarle usando uno sciroppo di glucosio polimerico che hanno chiamato melanoidina e soffiato usando ammonio gassoso. Questo approccio consente di trasformare le molecole di C, N, O e H della melanoidina in strutture filose di grafene che con un ulteriore riscaldamento cristallizzano in strutture di grafene che somigliano a dei palloni a calcio con diametro di circa 200 µm uniti in coppia. Grazie alle pregevoli caratteristiche di robustezza e duttilità, queste nanostrutture possono essere usate per realizzare i contatti fra i fogli di grafene e possono essere convenientemente usate per comporre dei sistemi nanoelettronici con funzionalità più complete. Inoltre, il grande vantaggio del procedimento utilizzato è che queste nanostrutture sono realizzabili a basso costo ossia circa mezzo dollaro al grammo.
La prima applicazione sperimentata nei MANA è la realizzazione dei supercondensatori che sono in grado di garantire una densità di potenza record di ben 106 W/kg. Questo dato è estremamente interessante per il mercato automotive dove si stanno affermando le autovetture elettriche e ibride e i supercondensatori di questo tipo sarebbero un’ottima soluzione per l’accensione rapida o per la commutazione fra i diversi tipi di trazione.
Un’altra interessante sperimentazione nei laboratori MANA riguarda la realizzazione di condensatori con dimensioni nanometriche e capacità elevatissima che potrebbero servire allo sviluppo di una nuova generazione di componenti elettronici con prestazioni molto superiori alle attuali. La ricerca si è ispirata alla versatilità costruttiva che offrono le composizioni con i mattoncini dei giocattoli e perciò i ricercatori hanno utilizzato mattoncini nanometrici conduttivi di Ru0,95O20,2- e dielettrici di Ca2Nb3O10- per comporre delle forme tridimensionali stratiformi di questi materiali.
In questo modo hanno formato un condensatore con i due elettrodi conduttivi del primo composto e il dielettrico interno del secondo ottenendo come risultato un componente robustissimo con una densità di capacità di ben 27,5 µF/cm2 ossia circa duemila volte maggiore di quella dei migliori condensatori attualmente in commercio.
In laboratorio sono attualmente in corso di sperimentazione svariate altre eterogiunzioni nanometriche con diversi materiali conduttivi, semiconduttivi e isolanti ed è probabile che i laboratori MANA presenteranno ben presto nuovi altri componenti elettronici nanometrici.