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Le tecnologie che trasformeranno il mondoERT

La tecnologia ci ha cambiato la vita. In meglio, per molti, in peggio, per altri. Ma se pensiamo a ‘come eravamo’ vent’anni fa, quando ancora non esisteva Google, di passi in avanti ne sono stati fatti tanti. E negli ultimi anni l’evoluzione tecnologica ha avuto ancora maggiore impulso.

Previsioni dei dispositivi connessi a Internet fino al 2024

Cosa possiamo aspettarci nei prossimi cinque anni? Secondo IHS Technology, Internet of Everything, Cloud Computing, Big Data e la stampa 3D sono le tre tecnologie che con grande probabilità trasformeranno il mondo nel prossimo quinquennio.

“È noto a tutti quanto la tecnologia sia in grado di cambiare il mondo. Pensiamo alla stampa a caratteri mobili di Gutenberg, alla scoperta del motore a vapore, al microchip”, afferma Ian Weightman, vice presidente, research e operation di IHS Technology. “Ma quali sono le tecnologie con il maggiore potenziale per trasformare il futuro? Quali innovazioni, tra le tante, avranno un impatto limitato e quali invece saranno ricordate come pietre miliari sul cammino del progresso?

Per rispondere a queste domande, IHS Technology ha riunito i suoi esperti in tutta la filiera, dai componenti elettronici ai prodotti finiti, in tutti i mercati e in tutti gli ambiti applicativi, consumer, media, telecomunicazioni, industriale, medicale e potenza. A loro è stato chiesto di indicare le 10 tecnologie più significative da qui ai prossimi cinque anni”. Ecco i risultati: al primo posto si posiziona l’Internet of Everything, al secondo Cloud Computing/Big Data e al terzo la stampa 3D.

L’Internet of Things (IoT) diventerà presto l’Internet of Everything (IoE). In che modo? Il mondo è ancora nella fase iniziale dell’Internet of Things (IoT), l’evoluzione tecnologica che si basa sul modo in cui i dispositivi collegati a Internet possono essere utilizzati per migliorare la comunicazione, automatizzare i processi industriali complessi e generare una ricchezza di informazioni. Nel 2024 oltre 80 miliardi di dispositivi saranno connessi a Internet (meno di 20 miliardi nel 2014).

Sebbene l’Internet delle Cose sia un concetto ancora relativamente nuovo, si sta già trasformando in un modello più ampio. La metamorfosi sarà dovuta non solo al numero di dispositivi, ma anche a un distacco completo dal modo in cui questi oggetti hanno utilizzato Internet in passato. In generale, i dispositivi oggi collegati richiedono un’interazione umana diretta e sono utilizzati per il consumo di contenuti e di intrattenimento. La maggior parte degli oltre 80 miliardi di connessioni future sarà impiegato per monitorare sistemi di controllo, macchine e oggetti, tra cui luci, termostati, serrature e così via.

Nella classifica stilata dagli esperti di IHS seguono intelligenza artificiale, biometrica, i display flessibili, sensori, interfacce utenti avanzate, grafene e i sistemi avanzati per lo stoccaggio di energia nelle batterie.

La sicurezza viene dalla biometrica

Immaginiamo un mondo in cui un singolo dispositivo potrebbe essere utilizzato per autenticare l’identità di una persona attraverso la scansione del dito e al contempo individuare il DNA utilizzando le cellule del sangue. Sarebbe praticamente impossibile qualsiasi duplicazione o furto di identità, frode o quant’altro. Questo è il futuro che la tecnologia biometrica spera di creare.

La tecnologia biometrica tradizionale, come le impronte digitali, ha molte lacune. Ad esempio, le impronte digitali fittizie riescono a bypassare il sistema con facilità. Per contrastare questo fenomeno, una società ha sviluppato una tecnologia di riconoscimento dell’impronta digitale in cui la persona è identificata dalla struttura del vaso sanguigno sotto la pelle (che è unico per ciascun individuo).

Il metodo richiede una persona per acquisire le impronte delle dita, utilizzando un sensore a infrarossi che evidenzia le vene come linee scure e memorizza il tutto in un database. Qui la duplicazione è impossibile in quanto richiede la struttura vascolare di un essere vivente.

Il riconoscimento facciale è un altro metodo utilizzato in ambito bancario per applicazione di mobile banking nell’autentificare le transazioni, grazie al sistema di riconoscimento 3D.

Questo innovativo sistema utilizza sensori per identificare le caratteristiche distintive della forma del viso, i contorni del orbite, il mento e il naso. Sembrerebbe che anche le agenzie di intelligence e il Governo degli Stati Uniti stiano realizzando il più grande database al mondo dei dati di riconoscimento facciale.

Sta guadagnando buona popolarità anche il riconoscimento vocale: milioni di voci vengono memorizzate per contrastare le attività criminali. Alcune aziende stanno poi facendo notevoli progressi nell’ambito dell’autenticazione dei battiti cardiaci. Una società canadese ha sviluppato un braccialetto da polso indossabile che utilizza l’autenticazione del battito cardiaco per effettuare i pagamenti.

In un futuro non molto lontano sarà la tecnologia biometrica a garantirci la sicurezza anche nella nostre operazioni quotidiane.

Sensori: il futuro è già qui

Con l’affermarsi dell’Internet of Things (IoT), sono tanti, nuovi e interessanti i prodotti che sono stati sviluppati. Perché, come è noto a tutti, i dispositivi IoT raccolgono dati da ovunque: dalla casa, dal computer, dalla persona e addirittura… dalle scarpe che si indossano.

Nella maggior parte dei casi, tutto ciò è reso possibile da una nuova e innovativa generazione di sensori: più piccoli, efficienti e dai prezzi sempre più abbordabili. Pensiamo ai nostri smartphone, dove i sensori sono praticamente ovunque, a partire dalla fotocamera. Altri sensori abbastanza comuni misurano temperatura, pressione, flusso e vibrazione. Il grande vantaggio di questi sensori è che possono essere installati, tutti insieme, su un singolo chip. Oggi è infatti possibile trovare un chip con accelerometro, tre giroscopi e un magnetometro a un prezzo assolutamente irrisorio.

La tendenza, dunque, sarà quella di vedere sul mercato un numero sempre maggiore di chip ‘multi-sensor’, ovvero con più sensori, mantenendo basso il costo unitario. I sensori hanno un buon successo anche nell’ambito della chimica. In particolare, i ‘lab on a chip’, e i sensori paper-based. Con i ‘lab on chip’, i fluidi scorrono attraverso i chip e vengono analizzati. I tempi di analisi più rapidi, con una sempre minore quantità di fluidi richiesta, porteranno a una maggiore integrazione di più funzioni per l’analisi in laboratorio in un singolo chip.

Pensiamo poi ai progressi fatti nei sensori paper-based. Un uso molto comune sono le cartine per misurare il livello di glucosio nel sangue, ma ve ne sono di altrettanto efficaci nell’ambito del controllo alimentare, della diagnosi clinica e nel monitoraggio ambientale. Infine i sensori in fibra ottica: sono sicuri da toccare (non conduttori) e li si può inserire nel corpo senza paura di shock.

I sensori a fibre ottiche sono piccoli (solo un quarto di millimetro di diametro) e adatti a un’ampia varietà di compiti: sono in grado di gestire ambienti difficili dove possono misurare pressione, temperatura, tensione e portata in base a come li si configura. Il problema più grande con la fibra ottica è attualmente il costo. Staremo a guardare se nel tempo diminuiranno i prezzi e si apriranno nuove strade.