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È arrivato il momento di prendere iniziative per favorire crescita e posti di lavoroERT

A prescindere dal previsto consueto rallentamento ciclico, instauratosi lo scorso anno, la recente turbolenza finanziaria a livello mondiale si sta ripercuotendo sulla domanda sia di beni di investimento, sia di beni di consumo durevoli dell’industria.

Sulla base dei dati emersi all’inizio di settembre di quest’anno, le previsioni di crescita del fatturato dell’industria meccanica europea in termini di volume si attestano sul 3% nel 2008. Tuttavia le restrizioni creditizie e l’incertezza finanziaria, il calo degli ordini e l’aumento delle scorte di magazzino invendute, associate a un utilizzo ridotto delle capacità produttive, stanno alimentando un clima di negatività nell’ambiente industriale, che induce i nostri economisti a prevedere una crescita della produzione dell’industria meccanica europea di appena l’1,2% per il 2009. Al tempo stesso gli indicatori economici indicano che una contrazione in questa fase non è da escludere, anche se i nostri economisti partono da altri presupposti.

Nell’incertezza del contesto, Orgalime si rivolge alle istituzioni europee e nazionali, affinché riconoscano l’importanza di questo settore produttivo primario per l’economia nel suo complesso, e facciano sì che la struttura stessa dell’industria meccanica e dei suoi acquirenti nell’UE non venga compromessa.

Robert Mahler, presidente di Orgalime, in occasione dell’Assemblea Generale tenutasi a Milano ha dichiarato: “È ormai tempo che le istituzioni europee e i governi nazionali riconoscano il contributo fondamentale che la nostra industria – principale settore produttivo dell’Ue – fornisce all’economia europea. I beni e i servizi offerti dalle nostre aziende creano lavoro e ricchezza reali, elemento fondamentale in un momento in cui il settore finanziario ha mostrato i propri limiti e non è più in grado di garantire quel sostegno che l’economia, industria manifatturiera inclusa, si aspetta. È pertanto particolarmente importante che in questa fase i governi e le istituzioni europee reimpostino correttamente le proprie priorità: essi devono focalizzarsi sul supporto delle nostre aziende, ai fini della salvaguardia di posti di lavoro qualificati in Europa, anziché spingere verso un programma di regolamentazione dogmatica, che imponga l’esigenza di significativi investimenti a breve termine unicamente ai produttori dell’Ue. In questo modo si aumenta solo la tentazione per le aziende di ridistribuire gli investimenti oltre i confini dell’Unione europea. E i dati in nostro possesso indicano che ciò sta già accadendo, motivo per cui è arrivato il momento di prendere iniziative che favoriscano la crescita e salvaguardino i posti di lavoro”.

Al termine dell’Assemblea Generale di Orgalime, Federazione Europea della Meccanica, Sandro Bonomi, presidente di Anima, Federazione della meccanica varia e affine, ha commentato “Il confronto avuto con i colleghi europei conferma che da questa tempesta finanziaria possiamo uscire subito se ci affidiamo a ciò che sappiamo fare meglio e a ciò in cui abbiamo sempre creduto: il valore del lavoro, puntando fortemente sulla old economy, coniugando produttività e tecnologia, competitività e marketing dedicati a mercati esigenti ed emergenti che apprezzano e valorizzano il nostro impegno, al di là di mode passeggere del momento”.

“Fondamentale investire nelle infrastrutture tecnologiche per mettere in grado il sistema economico di ripartire dalla base”, ha affermato Angelo Airaghi, di Anie, che rappresenta l’Industria elettrotecnica ed elettronica italiana. “Una soluzione per uscire dalla crisi risiede nella ridefinizione di un sistema di regole certe a livello europeo che favorisca un duplice scopo: accelerare i necessari programmi di investimento infrastrutturale e fungere da scudo per gli investitori privati che, attraverso la possibile costituzione di un fondo assicurativo sostenuto dagli stati membri, ricorrerebbero con maggior sicurezza allo strumento del project financing”.

Alfredo Mariotti, segretario generale di Federmacchine, la Federazione dei costruttori italiani di beni strumentali, ha affermato: “La crisi finanziaria che ha investito il mercato internazionale rischia di avere ripercussioni sul mondo dell’economia reale. Occorre dunque che le autorità di governo su base nazionale, così come gli organismi internazionali, a partire da Unione Europea e Banca Centrale Europea, intervengano immediatamente in modo deciso per sostenere le imprese del manifatturiero che produce reale ricchezza. “Con particolare riferimento all’Italia” ha aggiunto Alfredo Mariotti “Federmacchine guarda con attenzione e con grandi aspettative alla manovra che gli organi di governo si apprestano a varare per il sostegno all’industria, auspicando che nel pacchetto siano inserite anche misure volte a favorire la ripartenza degli investimenti in beni strumentali, a monte della catena produttiva, stimolando, a cascata, il circolo positivo dei consumi”.

Sulla stessa linea Marco Fortis, vice presidente della Fondazione Edison, che aggiunge “L’industria manifatturiera europea ha tutte le carte in regola per fronteggiare questa grave crisi e ripartire velocemente facendo da volano all’intero sistema economico, ma il credit crunch sta mettendo a serio rischio le PMI”, puntualizza Fortis “infatti, il credito ora non solo non viene erogato per favorire l’indebitamento, e quindi gli investimenti, ma soprattutto sta diventando estremamente oneroso ottenere crediti a fronte di commesse acquisite, di progetti pronti ad essere messi in opera ma che hanno bisogno di liquidità per poter partire. È una seria responsabilità che le banche si stanno prendendo” conclude Fortis “e in questo senso le istituzioni possono veramente fare qualcosa per contribuire alla ripresa del mercato aiutando le PMI ad accedere a crediti a tassi agevolati a fronte di commesse acquisite”.

Per Gian Maria Gros-Pietro, titolare della Cattedra di Economia Luiss, “Abbiamo vissuto per anni in una situazione in cui i mercati finanziari rappresentavano un’enorme anomalia. Il mercato era fatto da player globali che operavano in una posizione e con una prospettiva sovranazionale, di contro le Istituzioni che dovevano garantire il corretto svolgimento dei mercati avevano competenza limitatamente nazionale. Questa anomalia tra i protagonisti del mercato e coloro i quali dovevano garantire il rispetto delle regole di questo mercato, soprattutto a protezione degli investitori, ha portato di fatto a creare le condizioni ideali per una crisi di queste dimensioni”.