Di Tobias Wölk, Product Manager Automation Technology & Active Components, reichelt elektronik
La crisi del coronavirus ha esposto senza pietà la dipendenza degli Stati Uniti e dell’UE dai produttori di chip asiatici. Mentre la domanda di semiconduttori esplodeva, le linee di produzione si fermavano, specialmente nell’industria automobilistica. È il momento che la produzione di chip in Europa riparta. Secondo lo “European Chip Act”, la quota europea di produzione di semiconduttori dovrebbe aumentare al 20 per cento entro il 2030. Sul piano dell’architettura finanziaria lo European Chips Act mobiliterà 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati, di cui 3,3 miliardi dal bilancio dell’Ue e a giugno 2023 sono stati approvati finanziamenti per circa 100 progetti europei.
Ma quanto di questo approccio è davvero sensato, se il complesso e laborioso processo che prevede test, assemblaggio e confezionamento dei chip oggi continua ancora svolgersi quasi esclusivamente nei paesi asiatici a basso costo del lavoro?
Senza una strategia complessiva che includa una produzione olistica nella nostra regione, l’obiettivo rimane parziale. Siamo convinti che l’Europa possa raggiungere una vera sovranità nella produzione di semiconduttori solo attraverso una catena del valore completamente europeizzata, dalla produzione front-end a quella back-end. Non solo abbiamo bisogno di più fabbriche di produzione, ma anche di una regionalizzazione delle industrie di lavorazione. Altrimenti, continueremo a essere vulnerabili alle interruzioni della catena di approvvigionamento globale e la nostra dipendenza dall’Asia continuerà a permanere. Un mercato europeo dei semiconduttori potrà essere veramente indipendente solo se tutte le fasi di produzione verranno dislocate nel nostro Continente.
Produzione di semiconduttori – un processo globalizzato
Riportare la produzione di semiconduttori in Europa è più facile a dirsi che a farsi. Oggi è un processo altamente globalizzato, dove persino le aziende leader nella progettazione di chip esternalizzano la produzione a società esterne. Ad esempio, TSMC a Taiwan, il principale fornitore e produttore di semiconduttori a contratto, produce chip per aziende come Apple, Intel e Nvidia. Le varie fasi di produzione sono distribuite in diverse regioni del mondo. Le principali sono: la produzione front-end, ossia quella dei cosiddetti wafer – sottili dischi di silicio – che vengono forniti di circuiti e lavorati in modo tale che alla fine si creino i chip. Segue la produzione back-end, che comporta il test, l’assemblaggio e il confezionamento (TAP in breve) dei chip.
Molti grandi produttori di semiconduttori hanno deciso di esternalizzare la produzione back-end, meno differenziata e più laboriosa, a fornitori di servizi specializzati nel mercato asiatico per risparmiare sui costi. Questi fornitori esterni sono conosciuti come Outsourced Semiconductor Assembly and Test Vendors (OSAT) e svolgono questo lavoro per conto delle grandi aziende di semiconduttori. Nove dei dieci maggiori fornitori OSAT del mondo si trovano nella regione Asia-Pacifico (sei a Taiwan, tre in Cina).
Nulla funziona senza chip: la risposta dell’Europa alla sua dipendenza dalla Cina e dagli USA
Questo complesso processo produttivo rende le catene di approvvigionamento globali dei semiconduttori particolarmente fragili. Le tensioni geopolitiche, in particolare a Taiwan, i disastri naturali o le crisi globali come la pandemia di COVID-19 possono tagliare fuori una grande parte delle aziende europee dalle forniture di semiconduttori. Dopotutto, nove aziende industriali su dieci in Europa si affidano ai semiconduttori e l’80 per cento li considera indispensabili. Questa tecnologia hardware è anche essenziale per supportare gli obiettivi di digitalizzazione, di espansione dei data center cloud e delle capacità dell’intelligenza artificiale.
Il piano dell’UE di rafforzare la produzione europea di semiconduttori può quindi sembrare ovvio. Come suddetto, a metà del 2023 l’UE ha adottato il cosiddetto Chip Act – il pacchetto di misure da 43 miliardi di euro destinato ad attirare investimenti pubblici e privati, promuovere la ricerca e l’innovazione e preparare l’Europa per future crisi di approvvigionamento. I rappresentanti dell’UE si sono prefissati un obiettivo ambizioso: aumentare la quota europea del mercato globale dei semiconduttori dall’attuale livello di circa il 10 per cento al 20 per cento. Questo non è un compito facile, soprattutto perché gli Stati Uniti hanno già presentato il loro CHIPS and Science Act nell’estate del 2022 e fornito 52,7 miliardi di dollari in finanziamenti.
Solo l’investimento non basta: le sfide della rilocalizzazione della produzione
Il piano ambizioso dell’UE sarà difficilmente realizzabile nel contesto attuale della produzione di semiconduttori. La semplice rilocalizzazione della produzione front-end non risolverà la dipendenza dell’Europa dai semiconduttori: le capacità OSAT devono essere aumentate nella stessa misura della produzione front-end. Altrimenti, la localizzazione della produzione di semiconduttori in Europa rimarrà incompleta e inefficace, poiché i chip dovranno comunque essere inviati all’estero per essere resi pronti all’uso.
La distribuzione globale della produzione delle diverse larghezze di struttura dei semiconduttori rende ancora più difficile la produzione puramente europea. Più piccole sono le larghezze di struttura, più potenti ed efficienti sono i semiconduttori e quindi anche i dispositivi finali. Nel dicembre 2020, le larghezze di struttura di ≥ 0,18 micrometri rappresentavano circa il 49 per cento della capacità europea. Questi semiconduttori appartengono a una generazione più vecchia e sono installati in quasi tutti i dispositivi elettrici odierni. Tuttavia, ciò significa anche che se l’Europa vuole coprire la propria domanda con la produzione locale, la produzione deve essere moltiplicata.
Manca anche la manodopera adeguata a raggiungere obiettivi così ambiziosi. Secondo i calcoli di PwC Strategy, potrebbe esserci una carenza di circa 350.000 lavoratori entro il 2030 per raggiungere l’ambizioso obiettivo del 20 per cento dell’UE.
Attualmente c’è già una carenza di circa 62.000 lavoratori qualificati nell’industria dei semiconduttori in Germania, in particolare nei campi dell’ingegneria elettrica, della meccatronica e dello sviluppo software.
Un altro grande collo di bottiglia è la dipendenza dalla produzione di silicio cinese. Il silicio, la materia prima più importante per i microchip, è prodotto in gran parte in Cina – solo nel 2023 il paese ha prodotto circa 6,6 milioni di tonnellate di silicio, circa dieci volte di più del secondo paese produttore, la Russia. Gli esperti confermano che la disponibilità a prezzi più bassi rappresenta un vantaggio competitivo per la Cina che non deve essere sottovalutato nella produzione di celle solari. Questa dipendenza rende anche l’Europa vulnerabile alle tensioni geopolitiche e alle interruzioni della catena di approvvigionamento. L’Europa deve quindi non solo costruire capacità produttive e manodopera qualificata, ma anche garantire una fornitura affidabile e indipendente di materie prime.
L’UE è ancora lontana dalla produzione autonoma di semiconduttori
L’obiettivo dell’UE di raggiungere una quota di mercato globale del 20 per cento nella produzione di semiconduttori entro il 2030 è senza dubbio ambizioso. Attualmente, infatti, non ci sono né fondi sufficienti né abbastanza lavoratori qualificati disponibili per realizzare questo obiettivo. Per affrontare le sfide attuali, la produzione di componenti deve essere considerata in modo olistico. Occorre che l’Europa diversifichi le sue catene di approvvigionamento di semiconduttori e le distribuisca due diverse regioni per evitare dipendenze. Una stretta collaborazione tra industria, governo e istituzioni (quali università e scuole) è cruciale per formare e attrarre la manodopera qualificata necessaria. Allo stesso tempo, devono essere rimosse le barriere burocratiche e aumentati in modo consistente gli investimenti in ricerca, sviluppo e infrastrutture. Solo attraverso un approccio coordinato e integrato l’Europa può realizzare la sua visione di un’industria dei semiconduttori forte e indipendente, ed essere in grado di competere con successo nel mercato globale.