EON_622

EON EWS n . 622 - SETTEMBRE 2018 3 T ERZA P AGINA Secondo molti esperti, però, la ri- voluzione portata avanti da robot e AI si prospetta come differente e per più di una ragione. Innanzi- tutto la capacità di svolgere attività cognitive complesse conferisce ai nuovi sistemi l’autonomia – totale o parziale – di uno strumento attivo capace di sostituire un lavoratore umano anche in compiti che non siano di routine. I progressi dell’AI sono poi tali che è solo questione di tempo prima che si estenda an- che alle mansioni creative. La ve- locità con cui questi sistemi sono in grado di evolvere e perfezionarsi, poi, è sempre più rapida mentre i costi scendono di conseguenza. A crescere esponenzialmente è anche la velocità con cui una tecnologia moderna è in grado di diffondersi. Erik Brynjolfsson, un economista del MIT, ha analizzato il mercato del lavoro statunitense dal 1947 in poi e ha rilevato che, a partire dall’inizio di questo secolo, si è creato un divario sempre più ampio tra produttività e occupa- zione: l’innovazione tecnologica permette di incrementare il livello di produttività delle aziende, ma l’occupazione non riesce a tenere il passo, e al contempo scende la mediana degli stipendi. Questo di- saccoppiamento tra produttività e occupazione sta a significare che i posti di lavoro vengono distrutti più C on la diffusione di automazione robotica, intelligenza artificiale e reti di sensori l’era dell’informazio- ne sta per cedere il passo a quella che il futurologo Maurice Conti ha definito “Augmented Age”. Oggi, le nuove tecnologie permettono di estendere i sensi e le capacità cognitive e manuali degli utilizza- tori umani per raggiungere nuovi traguardi di produttività e creatività. Il problema è che oltre ad essere abilitanti, queste tecnologie posso- no arrivare a sostituire in toto l’ope- ratore umano: un recente studio di Bruegel riferito al mercato del lavoro europeo ha stimato che in media ogni nuovo robot industria- le prende il posto di 3,4 operai. I recenti progressi dell’intelligenza artificiale e del machine learning stanno trasformando gli strumenti di lavoro da passivi ad attivi e au- tonomi . Qualcosa di nuovo Tutte le rivoluzioni tecnologiche del passato sono state accompagnate da timori per il futuro dei lavoratori che sarebbero stati resi superflui dal progresso. Timori che si sono sempre rivelati infondati perché in ultima analisi le nuove tecnologie hanno finito per creare più posti di lavoro di quelli che eliminavano. rapidamente di quanto non ven- gano creati. Un futuro incerto Gli studi che hanno cercato di quantificare gli effetti dell’auto- mazione “intelligente” sul futuro dell’occupazione sono tanto nu- merosi quanto discordanti nelle previsioni. Uno degli studi più citati in questo campo è “The Future of Employment”, pubblicato nel 2013 da C. B. Frey e M. A Osbourne della Oxford Martin School : qui si prevedeva che il 47% circa della forza lavoro statunitense sarebbe stato suscettibile di automazione nel corso dei 10-20 anni succes- sivi. Gli analisti di Bruegel hanno trasposto il succitato metodo di indagine al mercato europeo, concludendo che nel caso della UE è il 54% dei posti di lavoro ad essere a rischio (e in particolare il 56,18% di quelli italiani, contro ad esempio il 47,17% di quelli britan- nici e il 49,54% di quelli francesi). Gli analisti del McKinsey Glo- bal Institute hanno previsto che entro il 2030 queste tecnologie costeranno ai lavoratori tra 400 e 800 milioni di posti, ossia fino al 30% della forza lavoro mondiale. Il nuovo studio dell’ OECD che ha rivisto al ribasso i valori ottenuti da Frey e Osbourne alla luce di una più attenta categorizzazione delle mansioni dei lavoratori. Secondo la nuova analisi i posti di lavoro che hanno una probabilità di al- meno il 70% di essere automa- tizzati sono il 10% per il mercato USA e il 14% per i Paesi OECD. Se però aggiungiamo i lavori che sono a rischio con una probabilità compresa tra il 50 e il 70% ottenia- mo che nei Paesi OECD il rischio di automazione con almeno il 50% di probabilità riguarda il 46% della forza lavoro. A farne maggiormen- te le spese saranno le occupazio- ni a media professionalità, mentre aumenteranno i posti di lavoro a bassa professionalità e basso stipendio e quelli altamente spe- cializzati e creativi. Su quasi 1.900 esperti consultati dal Pew Rese- arch Center , il 48% ha previsto un futuro di tensioni sociali per ef- fetto dell’iniqua distribuzione della ricchezza e della disoccupazione che robot e AI provocheranno. Se anche le più ottimistiche di que- ste previsioni dovessero risultare veritiere, serviranno interventi strutturali non dissimili per entità a quelli che hanno accompagnato la transizione dall’era agricolturale a quella industriale. ICT, robotica e intelligenza artificiale stanno trasformando il mercato del lavoro con conseguenze profonde e radicali sull’occupazione M ASSIMO G IUSSANI (Dis)occupazione artificiale

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