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Dal 2016, anno in cui AlphaGo ha battuto Lee Sedol, il campione del mondo di Go, l’intelligenza artificiale ha compiuto passi da gigante: dalle capacità predittive di ChatGPT di OpenAI – uno chatbot “tuttofare” da utilizzare per i più svariati compiti, dalla creazione di script (malware incluso) alla scrittura di saggi accademici – ai generatori di immagini capaci di vincere in una delle categorie dei Sony World Photography Awards, la complessità e le potenzialità degli algoritmi di intelligenza artificiale sono aumentate inmaniera esponenziale. L’hardware gioca sicuramente un ruolo di primo piano. Nel momento in cui la complessità dei carichi di lavoro legati alle attività di apprendimento automatico aumenta e richiede sempre più risorse di calcolo, l’hardware deve dimensionarsi in maniera appropriata per assicurare la massima efficienza in termini di costi senza penalizzare i progressi nel dominio del software. Non può dunque sorprendere il fervore di attività che caratterizza il settore dei chip per AI, finora dominato da NVIDIA. Ma anche gli altri big del settore non vogliono certamente stare alla finestra, visto le cifre in gioco. Microsoft e AMD, ad esempio, hanno collaborato per creare GPU per l’intelligenza artificiale per competere proprio con i chip di NVIDIA. Per quanto concerne le geometrie di processo, i chip per l’addestramento dell’AI sono realizzati sfruttando i nodi più avanzati e le uniche aziende in grado di produrre chip da 5 nm sono Intel, TSMC e Samsung. Quest’ultima, che si è già assicurata ordini per chip da 3 nm, detiene una quota del 60% del mercato globale della produzione di chip, percentuale che sale al 90% per i nodi più avanzati. Delle 12 fab (6 da 12” e 6 da 8”) dell’azienda, due si trovano inCina e unanegli Stati Uniti,mentre le restanti sono a Taiwan. Ne consegue che la produzione di semiconduttori, parte integrante della catena di fornitura globale, è fortemente sbilanciata verso la regione APAC. Una concentrazione di questo tipo comporta notevoli rischi, come è stato possibile sperimentare nel 2020, quando una serie di fattori concomitanti (tra cui pandemia, aumento delle attività dì data mining, difficoltà di reperimento del neon causato dalla guerra tra Russia e Ucraina) ha provocato la ben nota carenza di chip su scala globale. Da quel momento, tutte le regioni interessate, a esclusione ovviamente di Taiwan, ovvero Europa, Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone e Cina, hanno messo a punto strategie mirate a ridurre la loro esposizione nel caso dovessero verificarsi situazioni analoghe. Questa non è comunque l’unica ragione per la quale svariati Governi stanno promuovendo iniziative finalizzate a incentivare la produzione di semiconduttori nei rispettivi Stati (si pensi ai Chips Acts negli Stati Uniti e in Europa). Produrre chip con processi avanzati vuol dire poter competere nel sempre più cruciale comparto dell’intelligenza artificiale. Funzionalità quali elaborazione del linguaggio naturale, riconoscimento del parlato, apprendimento rinforzato, rilevamento di oggetti e classificazione di immagini sono di fondamentale importanza non solo per numerose categorie di prodotti (come veicoli autonomi o robot industriali) ma anche per applicazioni critiche nel campo ad esempio della governance e della sicurezza nazionali. Considerando ad esempio la sicurezza nazionale, l’AI può aiutare a rilevare e prevenire la criminalità e il terrorismo o assistere nelle operazioni di soccorso in caso di calamità. L’AI svolge anche un ruolo importante nella difesa e nelle future operazioni militari, come l’assistenza nell’identificazione e nella selezione dei bersagli o nel funzionamento autonomo di veicoli e sistemi d’arma. L’intelligenza artificiale è destinata quindi a occupare un posto sempre più rilevante nelle agende governative. Filippo Fossati Intelligenza artificiale: una priorità strategica Editoriale ELETTRONICA OGGI 511 - GIUGNO/LUGLIO 2023 11

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