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ELETTRONICA OGGI 505 - OTTOBRE 2022 11 Gli effetti della carenza di chip sull’industria automobilistica sono sotto gli occhi di tutti: basti citare i ripetuti fermi della produzione che hanno interessato le principali Case automobilistiche. Il centro studi di Allianz ha quantificato in un recente studio quanto è costato lo shortage dei chip al mondo delle quattro ruote. Le cifre sono importanti: in tutto il mondo non è stato possibile produrre circa 18 milioni di veicoli causa indisponibilità dei semiconduttori ed entro la fine dell’anno il danno per l’intero comparto si aggirerà intorno ai 100 miliardi euro. Come ha ricordato lo studio, all’inizio della pandemia, i produttori di auto (e i loro fornitori) hanno ridotto drasticamente gli ordini di semiconduttori. Quando nella seconda metà del 2020 la domanda è ripresa (più rapidamente di quanto previsto), il mondo delle quattro ruote ha scoperto che i produttori di chip avevano riallocato le loro capacità produttive, riservandole quasi esclusivamente alla realizzazione di chip destinati ai mercati dove la domanda era particolarmente elevata, computer e data center “in primis”. Quindi a quasi due anni dalla comparsa dei primi segnali di carenza di chip, la produzione di auto resta molto al di sotto dei livelli del 2019, con un calo di produzione complessivo di 18 milioni circa di unità. La regione geografica più colpita è stata l’Europa, dove la produzione è scesa al minimo storico di 13 milioni di unità. Si tratta di un dato molto peggiore rispetto al Nord America e alla Cina che evidenzia anche l’importanza della disponibilità di risorse di produzione locali. “La vulnerabilità dell’Europa è ancora più frustrante perché la produzione della maggior parte dei chip automobilistici si basa su tecnologie di produzione consolidate”, scrivono gli esperti di Allianz. Infatti, a differenza dei chip ospitati in smartphone e computer che utilizzano le tecnologie di produzione più all’avanguardia, disponibili solamente nelle fonderie di Taiwan e della Corea del Sud, i chip automobilistici si basano su tecnologiemature introdotte negli anni 90 e 2000. In questo contesto e poiché l’autonomia nel comparto dei semiconduttori resta lontana dalla portata dell’Europa, gli esperti di Allianz suggeriscono che il sostegno europeo dovrebbe concentrarsi su obiettivi immediati e ragionevoli. L’Europa ospita tre delle più grandi aziende produttrici semiconduttori per applicazioni industriali e automobilistiche del mondo che hanno un mix di produzione esternalizzata (in Asia) e interna. I Governi, quindi, dovrebbero indirizzare gli investimenti sul rafforzamento delle produzioni locali piuttosto che dirottarli per potenziare la produzione esterna. I piani esistenti per espandere la produzione di semiconduttori in Europa non aiuteranno a risolvere il problema del continente, ma l’avvio di joint-venture è un passo nella giusta direzione. Inoltre, non va dimenticato che secondo i più recenti studi di mercato l’industria globale dei semiconduttori si sta preparando a una frenata della domanda, soprattutto nei settori consumer e industriali. Se la richiesta di chip per automotive continuerà a rimanere elevata, ci potranno essere ripercussioni favorevoli, con i produttori di chip che riallocherebbero una maggiore capacità produttiva per il comparto delle quattro ruote. Filippo Fossati Automotive: quanto costa la carenza di chip Editoriale

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