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52 - ELETTRONICA OGGI 492 - APRILE 2021 COMM TIME-OF-FLIGHT più diversi settori tra cui trasporti, architettura, sorve- glianza, riconoscimento dei gesti, estrazione minera- ria, pubblica sicurezza, energie rinnovabili e geologia. Utilizzo della tecnologia dToF nelle applicazioni LiDAR Il principio chiave alla base di un sistema LiDAR è il tempo di volo diretto (dToF - direct Time of Flight). In un sistema LiDAR viene utilizzato un laser per pro- durre impulsi di luce. Quando questa luce colpisce un oggetto che si trova sul suo percorso viene riflessa e, mentre la maggior parte di questa luce viene dispersa, una parte sarà riflessa verso il sensore presente nel sistema LiDAR (Fig. 1). Un clock accurato all’interno del sistema è in grado di determinare il tempo impiegato dalla luce per rag- giungere l’oggetto e tornare alla sorgente. Poiché com’è noto la ve- locità della luce è una costante (c), la distanza dell’oggetto può essere calcolata con estrema semplicità. Con un clock molto accurato, i siste- mi LiDAR sono in grado di garantire livelli di precisione estremamente elevati. Conoscere la distanza da un punto è senza dubbio utile ma se si sposta la sorgente luminosa seguendo un percorso di scansione e si registra ogni valore di distanza, unitamente alla sua posizione lungo il percorso di scansione, è possibile realizzare in tempi brevi una mappa tridimen- sionale. Questo rappresenta l’utilizzo principale del LiDAR e rende possibili molte tra le applicazioni emer- genti segnalate all’inizio dell’articolo. SiPM (Silicon PhotoMultiplier): l’elemento di rilevamento chiave La capacità di acquisire e quantificare in maniera ac- curata la luce laser riflessa è un aspetto critico per le prestazioni di qualsiasi sistema LiDAR. Uno dei sensori a più al- tre prestazioni per sistemi LiDAR attualmente disponibile è senza dubbio il fotomoltiplicatore al sili- cio (SiPM - Silicon PhotoMultiplier) che integra un array ad alta densi- tà di sensori SPAD (Single Photon Avalache Diode) indipendenti e di ridottissime dimensioni (Fig. 2). Ciascuno di questi minuscoli siti di rilevamento, denominato microcella e che misura al- cuni micron quadrati, integra un resistore di quench (spegnimento). Quando una microcella assorbe un fotone, viene innescata la valanga in modalità Geiger che provoca il flusso di una fotocorrente di notevole intensità attraverso la microcella. Questo a sua volta provoca una caduta di tensione ai capi del resistore di quench che riduce la polarizzazione del diodo e arresta la corrente, prevenendo in tal modo ulteriori valanghe in modalità Geiger. La microcella quindi si ripristina ed è pronta per la misura successiva. Solitamente un fotomoltiplicatore al silicio può avere un numero di microcelle per millimetro quadro com- preso tra un centinaio e parecchie migliaia, ciascuna delle quali rileva i fotoni in modalità identica e indi- pendente. La corrente proveniente da ciascuna microcella viene som- mata in modo da generare un’uscita quasi analogica che fornisce infor- mazioni sull’intensità di un flusso di fotoni istantaneo. Tecniche alternative per rilevare e misurare i fotoni prevedono l’uso di diodi PIN e fotodiodi a valan- ga (APD - Avalanche Photo Diode). Non bisogna però dimenticare che i sensori SiPM rappresentano un’e- voluzione rispetto ai due dispositivi appena menzionati in quanto, oltre a essere in grado di rilevare singo- li fotoni, sono caratterizzati da un valore elevato di guadagno. Questo incremento di prestazioni consente di rilevare bersa- gli caratterizzati da bassa riflettività e posti a grandi distanze, come richiesto in numerose applicazioni che prevedono l’uso di sistemi LiDAR. I sensori SiPM sono disponibili sotto forma di soluzioni complete, come ad esempio di dispositivi della serie RB di ON Semiconductor , che operano nelle regioni del rosso e del vicino infrarosso (NIR - Near InfraRed) dello spet- Fig. 1 – Schema di principio della tecnica dToF utilizzata nei sistemi LiDAR Fig. 2 – Un SiPM è formato da un array di microcelle con un’uscita che è pari alla somma dei segnali dei singoli SPAD

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