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Sul finire dello scorso anno 17 Stati membri dell’Unione Europea hanno sottoscritto un accordo per contribuire da un lato allo sviluppo congiunto di tecnologie produttive (sino a 2 nanometri) per i semiconduttori e dall’altro allo sviluppo di processori che abbineranno un’elevata efficienza energetica a prestazioni particolarmente spinte. Questi dispositivi dovrebbero, secondo i piani, vedere la luce nel 2025. Si tratta di un investimento di notevole entità, dell’ordine di 145 miliardi di euro, grazie al quale il Vecchio Continente potrà svincolarsi dalla dipendenza (oramai non più sostenibile) dai produttori di chip extra-UE. I numeri d’altro canto sono impietosi: l’Europa ha acqui- stato nel 2019 meno del 10% della produzione mondiale di chip che, tradotto in cifre, equivale a meno di 40 miliardi di dollari su un fatturato globale dell’industria dei chip pari a circa 412 miliardi di dollari. A livello di capacità produttiva l’Europa ha un deficit enorme rispetto ad altri Paesi come Corea del Sud e Taiwan. Per dare un’idea del gap basta ricordare che nel 2014 la capacità produttiva del nostro Continente valeva il 2% su scala globale (per quanto riguarda i wafer da 300 mm), contro il 50% dei due Paesi asiatici. Con il trascorrere degli anni lo scenario non è cambiato di molto. Da qui la necessità di una scossa, anche alla luce della criticità della supply chain che la pande- mia in corso ha contribuito ad accentuare. Un esempio di questi giorni è la carenza di semiconduttori, elementi ormai fondamentali per tutti i modelli di veicoli, che ha colpito le maggiori Case automobilistiche e le ha costrette a fermare gli impianti. È stato così per Toyota in Giappone, per Volkswagen, Mercedes, Bmw e Audi sia in Europa sia negli impianti cinesi. Ciò ha molto allarmato la cancelliera Merkel che, attraverso la UE ha invitato Taiwan a investire nei 27 Paesi membri. Invito accolto dalla taiwanese Global Wafers, che ha appena offerto 4,4 miliardi di dollari per acquistare la tedesca Siltronic, con la prospettiva di dare vita al maggiore produttore al mondo di semiconduttori per fatturato. Analoga situazione anche dall’altra parte dell’Atlantico: appena insediato, Joe Biden ha ricevuto una lettera da parte dei big dell’industria dei semiconduttori, coordinati da SIA (Semiconductor Industry Association) in cui viene evidenziata l’importanza strategica dei semiconduttori in settori chiave – trasporti, comunicazioni, energia solo per citarne alcuni – e la necessità di assicurare l’indipendenza produttiva. D’altra parte, anche la situazione delle fabbriche negli Stati Uniti non è delle più brillanti: se nel 1990 gli Stati Uniti producevano il 37% del fabbisogno di chip a livello mondiale, oggi questa per- centuale è scesa al 12%. Da qui la richiesta di attrarre nuovi investimenti in fabbriche di chip sul suolo americano, invertendo una rotta che è stata seguita forse troppi anni. L’indipendenza produttiva, oramai, è diventata un elemento imprescindibile per affron- tare con successo le sfide tecnologiche degli anni a venire . Filippo Fossati 13 - ELETTRONICA OGGI 492 - MARZO 2021 Semiconduttori: è l’ora dell’autonomia (produttiva) EDITORIALE

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