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AUTONOMOUS DRIVING altrettanto specifica azione. Nella guida automatizzata, invece, i sistemi di sensori verranno utilizzati per sup- portare il veicolo robotico nell’attuazione di un insie- me predefinito di manovre, nel modo più preciso pos- sibile. Nel caso estremo, vale a dire nei veicoli a guida completamente autonoma, i sensori verranno usati per fornire al sistema una rappresentazione dell’am- biente di alta qualità, e sufficientemente fedele, perché in base a essa il sistema possa pianificare una propria sequenza di azioni. Ciò, naturalmente, introduce una sfida fondamentale e molto concreta sotto il profilo della rilevazione, poiché nessun sensore singolo è in grado di offrire la fedeltà, né la precisione o la capaci- tà spettrale, necessarie per restituire una percezione dell’ambiente del livello qualitativo indispensabile per supportare un guida totalmente autonoma. Per poter ottenere una rappresentazione avente un li- vello di efficacia così elevato, è necessario far leva su alcuni elementi tecnici tuttora oggetto di dibattito nel settore dei sistemi di rilevazione. Uno dei più importanti è costituito dal ruolo della sensor fusion , e in particolare sulla questione relati- va all’impiego, per la fusione, di architetture centra- lizzate piuttosto che decentralizzate. Una delle sfide collegate alle tradizionali architetture basate sulle cosiddette ECU (Engine Control Unit) deriva dal fat- to che la loro crescente quantità, nonché quella del sofisticato software a esse collegato, crescono con la complessità progettuale del sistema del veicolo a un ritmo non commisurato rispetto alla funzionalità appli- cativa. Sebbene lo sviluppo di un’architettura ICT (In- formation & Communications Technology) per le auto- mobili non sia un compito impossibile, questa rimane una sfida che non è stata ancora del tutto superata in modo efficace. Ciò che si sa per certo è che, data la crescente quantità di sensori presenti a bordo dei veicoli (come evidenziato nell’articolo A Centralized Platform Computer Based Architecture for Automotive Applications di Stefan Sommer, dell’istituto di ricerca Fortiss GmbH di Monaco, in Germania), la complessità architetturale è inevitabilmente destinata ad aumenta- re. Ciò ripropone la già menzionata questione relativa al dubbio se sia più opportuno che le architetture per l’integrazione dei sensori all’interno dei veicoli a guida autonoma adottino un approccio di tipo centralizzato oppure uno di tipo decentralizzato, nel quale i singoli sensori operino delle stime indipendenti delle traietto- rie degli oggetti, per poi condividerle con un sistema centralizzato. Nel seguito, verranno evidenziate alcu- ne delle principali sfide tecniche che derivano da tale scelta, dal punto di vista della sensor fusion. Architetture di fusione centralizzate In una architettura di fusione centralizzata, tutti i nodi remoti sono connessi in modo diretto a un nodo cen- EDA/SW/T&M trale, che si fa totalmente carico della funzionalità principale relativa alla fusione dei loro segnali. I nodi client sono di norma disomogenei tra loro, in termini sia di posizionamento, che di comportamento spettra- le e di caratteristiche fisiche. Ad esempio, i sensori ra- dar e LiDAR saranno tipicamente posizionati in loca- zioni differenti, avranno differenti capacità e gradi di accuratezza, nonché differenti principi fisici di funzio- namento. Questi sensori invieranno al nodo centrale i propri “dati grezzi” che verranno registrati e allineati rispetto a un framework comune di coordinate spazia- li e temporali. Verranno dapprima associati gli insiemi di dati riferiti allo stesso target, dopodiché tutti i dati verranno integrati tra loro. In tal modo, il sistema sarà giunto a generare una stima dello stato di tutti i target, utilizzando i dati provenienti da molteplici sensori. Sotto il profilo del risultato dell’attività di fusione, una architettura centralizzata si rivela preferibile, poiché le misurazioni fornite dai distinti sensori possono es- sere considerate condizionalmente indipendenti tra loro, nel senso che non è avvenuta alcuna condivi- sione di dati tra i diversi nodi prima della fusione cen- tralizzata. Tuttavia, essa comporta due principali inconvenien- ti: innanzitutto, la larghezza di banda necessaria per trasportare tutti i “dati grezzi” fino al nodo centra- le è elevata, potendo raggiungere valori dell’ordine dei Gigabit/secondo; inoltre, il costo computazionale dell’associazione di tutti i dati grezzi verso i rispettivi possibili target cresce anch’esso in modo significa- tivo. Questo approccio presenta, comunque, il bene- ficio di fornire il framework più appropriato per una ottimale fusione di tipo Bayesiano (per via della citata indipendenza condizionale dei dati). Da un punto di vista sistemistico, una architettura centralizzata cor- risponde a una minore complessità del sistema (in termini di progettazione dello stesso), nonché a una riduzione della latenza esistente tra le fasi di rilevazio- ne e di attuazione. Architetture di fusione decentralizzate Per contro, una architettura di fusione decentralizzata consiste in una rete di nodi di rilevazione, ciascuno dotato di una propria capacità autonoma di elabora- zione dei dati, sufficiente per tracciare gli oggetti ri- levati e successivamente comunicare le traiettorie calcolate sia al nodo centrale che a nodi adiacenti. In un tale sistema, le traiettorie degli oggetti generate lo- calmente vengono trasmesse verso il fusion system centrale, il quale provvede a combinare tutte le traiet- torie locali per formare una stima comune che verrà utilizzata per la presa delle decisioni a livello globale. Questo è il tipo di fusion system implementato nei mo- derni veicoli dotati di sistemi avanzati di assistenza o di sistemi di guida automatizzati. 77 - ELETTRONICA OGGI 479 - GIUGNO/LUGLIO 2019

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