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POWER FACTOR CORRECTION 47 - ELETTRONICA OGGI 479 - GIUGNO/LUGLIO 2019 di spostamento). Maggiore è la reattività del carico, minore sarà la potenza attiva. La situazione tende a complicarsi nel caso di carichi non lineari, come ad esempio lo stadio di ingresso di un alimentatore a commutazione con ponte a diodi e condensatori di ingresso di tipo bulk (Fig. 1). In que- sto caso la corrente si manifesta sotto forma di spike (brevi impulsi) di spunto e la potenza viene calcolata mediante la trasformata di Fourier. Il calcolo della media di due sinusoidi richiede cal- coli abbastanza complessi e fornisce un risultato di- verso da zero nel caso le due forme d’onda hanno la medesima frequenza. Da ciò si può affermare che solo la componente fondamentale fornisce potenza reale mentre le armoniche producono correnti che contribuiscono alla potenza apparente. In modo del tutto analogo al fattore di spostamento, il fattore di distorsione tiene conto degli effetti di una forma d’onda distorta (non sinusoidale) sulla poten- za reale, definendo la potenza reale come il prodotto tra valore rms della tensione, valore rms della cor- rente e i due fattori (spostamento e distorsione). Con ulteriori analisi è possibile ricavare la distorsione ar- monica totale (THD - Total Harmonic Distorsion) che è la somma quadratica delle armoniche indesiderate rispetto alla fondamentale. Il fattore di potenza di un sistema è semplicemente il prodotto tra il fattore di distorsione e quello di spostamento per cui la poten- za reale non è nient’altro che il prodotto tra i valori rms di tensione e corrente e il fattore di potenza. Correzione del fattore di potenza: un approccio pratico Il principale standard relativo al PFC è EN 61000-3-2 che è stato concepito con l’obiettivo di minimizzare la distorsione armonica totale di qualsiasi corrente che viene fornita dalla rete di distribuzione. Per que- sto motivo è stata definita la massima ampiezza per tutte le armoniche dalla se- conda alla 40ima. I requisiti che riguardano il PFC sono stati inclusi in altri docu- menti come ad esempio le specifiche Energy Star e sono in molti a ritenere che ciò ha avuto un impatto de- terminante sulla diffusione della tecnologia PFC in un numero sempre maggiori di applicazioni. La tipologia di PFC più ampiamente utilizzata (ed efficace) per soddisfare i criteri conte- nuti in questi standard è sicuramente il PFC attivo (ovvero dove un apposito circuito è preposto a que- sta operazione). Un approccio tipico (Fig. 2) prevede l’aggiunta di un pre-regolatore PFC tra il rettificatore a ponte d’ingresso e il condensatore bulk per fornire una tensione costante garantendo nel contempo che la corrente prelevata sia sinusoidale. Un approccio di questo tipo comporta molto vantag- gi, oltre ovviamente al miglioramento del fattore di potenza. L’uscita dallo stadio PFC è solitamente una tensione di 400 V abbastanza ben regolata, per cui il progetto del convertitore a valle risulta più semplice ed economico. La corrente, inoltre, è di tipo non pul- sante per cui i vincoli relativi al filtraggio delle inter- ferenze EMI risultano meno severi, con conseguente riduzione sia degli ingombri sia dei costi. Un pre-convertitore di questo tipo, comunque, non garantisce un’efficienza del 100% e di conseguenza contribuisce alle perdite del sistema. In ogni sistema Fig. 2 – Il circuito PFC è posizionato tra il ponte a diodi e il condensatore bulk Fig. 1 – Andamento della tensione (blu) e della corrente (rosso) per un carico reattivo (a sinistra) e un carico non lineare (a destra)

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