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Le tensioni e le controversie commerciali in atto ormai da tempo tra Stati Uniti e Cina sem- bravano aver costretto quest’ultima a ridimensionare i propri ambiziosi piani relativi alla produzione domestica di circuiti integrati. In realtà, invece, nel Paese del dragone fervo- no le attività, da parte sia del Governo sia delle aziende locali, per far crescere l’industria dei semiconduttori e ridurre la dipendenza dai semiconduttori “critici” attualmente forniti da aziende con sede negli Stati Uniti e in altri Paesi. Anche se per ora il gap è ancora considerevole. Se si considera ad esempio il mercato delle memorie, alcune agenzia di stampa hanno riportato che ben presto la Cina sarebbe arrivata a competere, in termini tecnologici e produttivi, con aziende del calibro di Samsung, SK Hynix e Micron. In realtà, il primo fornitore di DRAM cinese, Changxin Memory Technologies (Cxmt), effettuerà il campionamento delle sue prime memorie alla fine dell’anno in corso. La società è com- posta da alcune migliaia di persone con un budget di circa 1,5 miliardi all’anno. Numeri piccoli in confronto a quelli di Micron e SK Hinix (che hanno ciascuna 30.000 persone) e della divisione memorie di Samsung (che può contare su oltre 40.000 persone). Il budget di spesa combinato di queste tre realtà nel 2018 è stato pari a 46,2 miliardi di dollari. Pur continuando la Cina a effettuare ingenti investimenti nelle infrastrutture per la pro- duzione di memoria alcuni osservatori, come ad esempio IC Insights, non ritengono che il Paese possa sviluppare un’industria domestica competitiva nei prossimi 10 anni. Un altro ostacolo per la Cina sulla strada dell’autosufficienza in termini di circuiti integrati è la mancanza delle competenze tecnologiche necessarie nel settore degli integrati diversi dalle memorie. Al momento attuale non vi sono produttori cinesi che realizzano compo- nenti strategici come ad esempio dispositivi analogici, a segnali misti, Mpu per server, Mcu e così via. Categorie di prodotti che comunque rappresentano più della metà del mercato dei semiconduttori in Cina e sono dominati da costruttori stranieri che possono vantare decenni di esperienza. Una carenza che comunque si avverte anche in Europa: al recente Iss 2019 che si è tenuto a Milano alcuni relatori hanno sottolineato le debolezze del Vecchio Continente in alcuni settori chiave quali le memorie e l’elettronica digitale, compensate comunque da un buon posizionamento in altri settori strategici come l’a- nalogica, la radio-frequenza e le soluzioni di potenza. Tornando alla Cina, il mercato dei semiconduttori ha prodotto un fatturato pari a 155 miliardi di dollari, di cui solo il 15,5% (24 miliardi) è imputabile a integrati fabbricati in Cina. Di questi 24 miliardi di dollari, le società con quartier generali in Cina hanno generato solo il 27% (6,5 miliardi), mentre il resto è ascrivibile ad aziende straniere (Tsmc, SK Hynix, Samsung, Intel e altre) che hanno fabbriche con sede in Cina. Nel caso la produzione di integrati in Cina aumentasse fino a 45,2 miliardi nel 2023 (questa è la previsione è di IC Insights), essa rappresenterebbe comunque l’8,4% del mercato mondiale dei semiconduttori che per quell’anno dovrebbe aggirarsi intorno a 538,8 miliardi di dollari. In base a questi dati appare dunque difficile che la Cina possa diventare auto-sufficiente per i suoi fabbisogni in termini di circuiti integrati nel giro dei prossimi 5 anni. E forse anche nel prossimo decennio. Filippo Fossati 13 - ELETTRONICA OGGI 479 - GIUGNO/LUGLIO 2019 La Cina è vicina? Forse no EDITORIALE

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